Il blog di Italians for Darfur

venerdì, novembre 21, 2008

Nuove accuse della Cpi

Il procuratore Ocampo del tribunale penale internazionale
chiede l'incriminazione di tre capi ribelli
E intanto continuano gli scontri tra le fazioni e i bombardamenti sui villaggi


L'azione del procuratore del Tribunale Penale Internazionale Luis Moreno Ocampo non si arresta e dopo aver chiesto l’incriminazione del presidente del Sudan Omar al- Bashir per genocidio ha presentato nuove richieste di imputazione, questa volta a carico di tre capi delle fazioni ribelli che si contrappongono al regime sudanese in Darfur. I nomi sono secretati ma l’accusa è stata resa pubblica. Si tratta dei crimini di guerra perpetrati ai danni del personale, le installazioni, il materiale e i veicoli dell’Unamid che è stata vittima di innumerevoli attacchi e razzie. Tra i vari episodi su cui indaga la corte penale internazionale, l’ultimo è avvenuto il 10 novembre scorso ad Haskanita, dove ha sede una base militare dei caschi blu. Decine di feriti e un militare morto il bilancio.
Nella sua richiesta di incriminazione Ocampo scrive che i leader dei ribelli indagati “comandavano un gruppo armato di circa 1.000 uomini che ha assalito un convoglio dell’Amis di 30 veicoli distruggendo le installazioni delle comunicazioni e tutto il materiale dei soldati impegnati in un’azione di peacekeeping”.
Secondo Ocampo, dopo l'assalto, i tre comandanti hanno partecipato personalmente, a fianco delle forze di ribelli, alla razzia dell’accampamento impossessandosi di diciassette veicoli, frigoriferi, computer, telefoni cellulari, stivali militari e uniformi, la scorta alimentare, le munizioni e il denaro in possesso dei singoli soldati.
A queste accuse la maggior parte dei gruppi ribelli ha risposto di essere “pronti a cooperare incondizionatamente con la Corte”.
Non dovrebbe essere implicato in queste indagini Al-Nur Abdel-Wahid, il massimo dirigente del Movimento di Liberazione del Sudan (SLM).
"Abbiamo sempre condannato gli attacchi ai peacekeeper - ha dichiarato il portavoce del Jem, Ahmed Hussein - È una violazione delle leggi internazionali che tutelano i diritti umani. La Corte penale internazionale è la sola entità che possa garantire la giustizia in Darfur – ha poi aggiunto Hussein - L'ordinamento giudiziario sudanese è incapace provare e perseguire questi crimini" .
E proprio da Khartoum i vertici governativi hanno annunciato scetticismo nei confronti di quest’azione della Cpi ribadendo che “non cambierà atteggiamento verso la Corte che non riconosce e non consegnerà alcun sudanese, che sia un ufficiale, un ribelle o un cittadino comune".
"Noi non siamo membri di questo organismo - ha dichiarato all'Ansa il consigliere presidenziale Mahgoub Faqdl Badri - e non abbiamo firmato la Carta di Roma. Perciò non ci interessano le sue decisioni e non prenderemo in considerazione le ultime richieste del suo procuratore, così come non abbiamo preso in considerazione quelle precedenti. Si tratta di una decisione legale e costituzionale approvata dal Parlamento".
Intanto continuano gli scontri tra ribelli ed esercito in Darfur, nonostante il cessate il fuoco annunciato il 12 novembre scorso da Bashir. I combattimenti scoppiati nella zona di Helf, nel Darfur del Nord, hanno causato la morte di almeno cinque ribelli e un soldato, mentre per Khartoum i guerriglieri uccisi sarebbero trenta. Stando a quanto dichiarato da Suleiman Marajan, dell'Esercito di liberazione del Sudan (Sla), all’Apcom “i combattimenti sono scoppiati nella mattinata del 20 e sono andati avanti per tre ore. Agli scontri hanno partecipato anche i combattenti di un altro movimento di ribelli (Sla-Unity)”. Non si hanno conferme, invece, sulle accuse rivolte al governo di aver bombardato un villaggio. Ma questo, purtroppo, non ci stupisce.

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