Attacco a un convoglio di caschi blu: continuano le violenze
E il 12 febbraio ricorre l'anniversario dell'inizio del conflitto:
Italians for Darfur e Art. 21 insieme per non dimenticare
Il 2008 doveva essere l’anno della speranza per il Darfur. E invece, pochi giorni fa, un convoglio della forza di pace UNAMID è stato attaccato dall’esercito sudanese. Immediata la protesta del segretario generale delle Nazioni unite Ban Ki Moon, arrogante e irricevibile la risposta del Ministro della difesa del Sudan il quale ha affermato che a sbagliare erano stati i peacekeepers che non avevano comunicato il loro tragitto. E se il buongiorno si vede dal mattino…
Il 31 dicembre è stato ufficialmente insediato il comando della nuova missione Onu nella martoriata regione sudanese.
Ma dei 26mila uomini previsti per il dispiegamento della forza di pace, al momento ne sono arrivati ad Al Fasher, cuore dell’insediamento militare, circa duemila - per lo più cinesi - i quali si sono affiancati ai settemila caschi verdi dell’Unione africana che dal 2004 avrebbero dovuto assicurare, almeno sulla carta, il ‘controllo’ dell’area in conflitto. Cosa che in quattro anni non sono riusciti a garantire.
I massacri sono continuati, attualmente si stimano tra i 300 e i 400 mila morti e oltre 2 milioni e mezzo di rifugiati.
Insomma, il contingente annunciato e autorizzato dalla risoluzione approvata all'unanimità dal Palazzo di Vetro lo scorso agosto, è rappresentato da una parodia, una farsa mediatica che ha visto i caschi verdi dell’Ua indossare quelli blu dell’Onu… azione tra l’altro contestata dall’ambasciatore sudanese il quale ha annunciato che “Karthoum eccepisce sulle uniformi dei soldati”.
Ma sono ben altre e ben più gravi le contestazioni dei vertici di Khartoum, che continuano a mettere in atto un ostruzionismo nemmeno più tanto subdolo, ma più che palese. Dopo avere vietato i voli notturni e limitato quelli dei C130 dell’Onu, hanno annunciato che non accetteranno la presenza di truppe non africane, no a svedesi, nepalesi e tailandesi.
E, se non bastasse, mancano ventiquattro elicotteri indispensabili per la perlustrazione dell’area in conflitto, grande quattro volte la Francia. Dopo l’appello di Ban Ki moon sembra che qualcosa si stia muovendo. Ma su un fronte diverso.
L’Unione europea, infatti, dovrebbe inviare ai confini con il Darfur un contingente che dovrebbe garantire la protezione dei profughi provenienti dalla regione che si rifugiano nei paesi vicini.
Entro la fine di gennaio i ministri della Difesa approveranno a Bruxelles il dispiegamento di una forza di pace in Ciad e nella Repubblica centrafricana. Una missione che avrebbe dovuto partire già lo scorso dicembre, quando mancavano 800 soldati e 10 elicotteri. Fonti ufficiali militari dell'Ue hanno annunciato che ora, si può procedere verso la fase finale dell'operazione: chi si occupa della progettazione della missione ritiene di avere oggi quello di cui si aveva bisogno.Grazie alla messa a disposizione di elicotteri e truppe, Polonia, Francia e Belgio renderanno possibile il piano. Ma anche Russia e Ucraina, stando a fonti diplomatiche Ue, starebbero valutando l'ipotesi di partecipare al programma di aiuti, anche se non è stata presa alcuna decisione ufficiale.
Autorizzata dalle Nazioni Unite, la forza d’interposizione Ue, che vedrà impiegati 3.500 uomini, ha il suo quartier generale fuori Parigi e sarà composta perlopiù da truppe francesi sotto comando irlandese.
Meglio di niente. Ma intanto resta l’incognita del successo della missione nel cuore del Darfur, quella davvero significativa. L’unica che potrebbe determinare una svolta di pace nella regione, che potrebbe mettere fine ai massacri che si continuano a perpetrare in nome di una follia etnico-religiosa, una ferocia inaudita - con la responsabile complicità del governo sudanese - di cui purtroppo si continua a parlare poco.
L’informazione, naturalmente si occupa d’altro ed è per questo che il prossimo anniversario dell’inizio del conflitto, il 12 febbraio, dobbiamo ancora una volta gridare forte il nostro sdegno per l’indifferenza verso questo dramma su cui i riflettori, soprattutto in Italia, continuano a essere spenti.
Italians for Darfur e Articolo 21 sono i promotori di questa giornata della memoria che avrà bisogno del contributo di tutti.
Antonella
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Una Nota: Emma McHune e' stata sposata con Riek Machar, uno dei comandanti durante la lunga guerra civile che e' durata 22 tra il Sud e il Nord Sudan (l'accordo di pace e' stato firmato nel 2005). Riek Machar e' adesso il vice presidente del Sud Sudan. Emma era una grande sostenitrice del movimento e dubito che abbia trovato troppo da ridire sul arruolamento dei bambini (si puo leggere di piu su di lei nel libro "La Guerra di Emma" scritto da Deborah Scroggins e publicato in Italia da ALET). Sicuramente non ci sono dubbi che sia nel Nord che nel Sud Sudan sono stati reclutati molti bambini per le forze armate. E' comunque importante non confondere il reclutamento fatto da questi, con la pratica di rapire i bambini per farli diventare soldati che ha avuto luogo nel vicino Uganda da parte del LRA (Lords Resistance Army).
Nella mia esperienza in Sud Sudan ho trovato che i ragazzi che ora hanno 26/27 anni sono estremamente fieri di aver potuto combattere in una guerra contro coloro che cercavano di opprimerli e prendere il controllo delle loro risorse naturali.