Il blog di Italians for Darfur

domenica, novembre 30, 2008

Sudan: Onu, Darfur sempre piu' pericoloso


30 nov 19:27 

Le Agenzie riportano:

KHARTOUM - Il Darfur, regione sudanese da anni teatro di una violenta guerra civile, diventa sempre piu' pericoloso. Lo dice il responsabile Onu per gli Aiuti umanitari, John Holmes, al termine di una visita di sei giorni in Sudan. "In cinque anni la situazione non e' cambiata, anzi e' peggiorata" ha detto Holmes, che anche chiesto che si accorcino i tempi di un accordo politico tra ribelli e il governo di Khartoum. Quello che occorre in Darfur e' un rapido progresso a livello politico. "E' molto importante - ha concluso Holmes - che i ribelli decretino il cessate il fuoco in modo che gli aiuti umanitari possano arrivare in tutta sicurezza e in pace". (Agr)

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venerdì, novembre 28, 2008

Bombardamenti sui villaggi

Lo avevamo anticipato, ora l'Onu conferma e condanna... sempre troppo tardi!
Senza parole...
***
Darfur/ Onu condanna raid aerei del governo sudanese a Abu Dangal
Unamid conferma prove di attacchi aviazione

New York, 28 nov. (Apcom) - In un comunicato delle Nazioni Unite il segretario generale Ban Ki-moon ha espresso una dura condanna delle attività militari in Darfur da parte del governo sudanese malgrado il cessate il fuoco annunciato il 12 novembre scorso.
L'Unamid (African Union-United Nations Mission in Darfur) ha avviato un'inchiesta su una serie di attacchi dell'aviazione del governo sudanese avvenuti tra il 21 e il 22 novembre ad Abu Dangal, nel sud Darfur, e ha confermato di aver trovato prove evidenti dei raid, tra cui tre crateri causati da un bombardamento e ordigni rimasti inesplosi sul terreno.
Ban Ki-moon ha sollecitato tutte le parti a rinnovare il loro impegno per un cessate in fuoco incondizionato.

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giovedì, novembre 27, 2008

E' uscito "Negramaro San Siro Live" : tra i ringraziamenti anche Italian Blogs for Darfur

Il nuovo cd dei Negramaro, "Negramaro San Siro Live" è uscito il 21 novembre scorso, insieme al DVD dell'esibizione dal vivo a San Siro del 31 maggio 2008.
Il cd, prodotto da Sugar, include tra i ringraziamenti anche Italian Blogs for Darfur, il movimento online di Italians for Darfur: un ennesimo tentativo della band pugliese di non far "passare di moda" il dramma del Darfur.
I Negramaro, in tour da 18 mesi, con oltre 250 mila spettatori, avevano già collaborato recentemente con l'associazione italiana per i diritti umani in Darfur, promuovendo con un mini spot il lancio anche in Italia della campagna internazionale "Justice for Darfur".

Andrea Delogu, cantante delle Cinema2 e testimonial di Italians for Darfur in Myspace, ha inoltre intervistato Antonio Quarto, coordinatore per la Puglia (vedi la video intervista) su Human Network Live Effect, di cui è conduttrice.
Andrea è inoltre protagonista della serata comica di Saturday Night Live, in onda su Italia 1 ogni martedì alle 23.55 circa.

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lunedì, novembre 24, 2008

Tracce italiane sulla sabbia di Port Sudan.

"APS feels the need to propose a kind of business able to run together with the universal sense of Ethics and Respect for Human Rights"
APS Engineering


Khartoum assomiglia sempre di più alle capitali dell'Est. Lo scrivono i cronisti asiatici, incantati dagli alberghi di lusso, dai ponti sempre più numerosi che uniscono le rive del Nilo, dalle mandrie di Toyota e di veicoli a tre ruote, detti "risciò" che corrono su strade nuove e sempre più larghe. Non compare, in questi articoli entusiasti, il dramma del Darfur, la cui gente è ridotta alla fame e vessata quotidianamente dalle violenze della guerra.

Nel panorama mondiale, poche sono state le iniziative economiche atte a riequilibrare questa grave e lampante prevaricazione delle periferie, economica e culturale insieme. Mentre gli Stati Uniti impongono pesanti dazi alle compagnie che volessero instaurare rapporti commerciali con il regime sudanese, Cina, Russia e in misura minore, ma riguardevole, l'Europa, continuano a intrattenere con esso politiche bilaterali di sviluppo. In quest'ottica, sebbene crescano gli scambi commerciali anche italiani con il Sudan, alcune delle opere iniziate pochi ani fa sono costrette a essere ridimensionate per l'impennata delle spese di realizzazione. Sarebbe dovuto essere completato nel 2009, ad esempio, il complesso di lavorazione del greggio a Port Sudan, fiore all'occhiello della ingegneria italiana in Sudan, rappresentata dalla APS Egineering dell'Ing. Antonio Quadrato, con sede a Roma, firmataria quest'anno di un contratto da 585 milioni di dollari per il giacimento di gas a South Pars in IRAN. L'APS, che aveva vinto la gara di appalto con un contratto da 70 milioni di dollari nel 2005, ne ha curato la progettazione e ne ha assistito la realizzazione. Obiettivo era di raddoppiare l'esportazione di greggio del Sudan e aumentarne la capacità di raffinazione, ma ad oggi è più che raddoppiato il costo della realizzazione, salito da 2 a 5 miliardi di dollari. L'Ing. Quadrato auspicava inoltre, al microfono del cronista Muriel Mirak-Weissbach di Global Research a marzo di quest'anno, di poter presto istruire ingegneri sudanesi nelle strutture in Italia, affinchè potessero acquisire il know-how necessario per risultare presto totalmente autosufficienti.

Anche sul fronte dell'agricoltura, l'impegno italiano non sembra essere stato da meno: Bruno Calzia, dal maggio 2006 consigliere economico del ministro delle Politiche Agricole Paolo De Castro per il governo Prodi, nominato per il triennio 2007-2009 nel comitato esecutivo dell’ICE, alludeva alla famigerata visita del Presidente sudanese Al-BAshir a Roma, lo scorso autunno, a garazia dell'impegno italiano per lo sviluppo della produzione agricola sudanese (fonte: Global research).

Leggi anche:
Un morto e sei feriti per una scodella di sorgo in Darfur. Ma Khartoum si fa ricca con petrolio e cereali.


Nota: le informazioni ivi contenute sone tratte da fonti pubbliche on-line e ad esse si rimanda per ulteriori approfondimenti.




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venerdì, novembre 21, 2008

Nuove accuse della Cpi

Il procuratore Ocampo del tribunale penale internazionale
chiede l'incriminazione di tre capi ribelli
E intanto continuano gli scontri tra le fazioni e i bombardamenti sui villaggi


L'azione del procuratore del Tribunale Penale Internazionale Luis Moreno Ocampo non si arresta e dopo aver chiesto l’incriminazione del presidente del Sudan Omar al- Bashir per genocidio ha presentato nuove richieste di imputazione, questa volta a carico di tre capi delle fazioni ribelli che si contrappongono al regime sudanese in Darfur. I nomi sono secretati ma l’accusa è stata resa pubblica. Si tratta dei crimini di guerra perpetrati ai danni del personale, le installazioni, il materiale e i veicoli dell’Unamid che è stata vittima di innumerevoli attacchi e razzie. Tra i vari episodi su cui indaga la corte penale internazionale, l’ultimo è avvenuto il 10 novembre scorso ad Haskanita, dove ha sede una base militare dei caschi blu. Decine di feriti e un militare morto il bilancio.
Nella sua richiesta di incriminazione Ocampo scrive che i leader dei ribelli indagati “comandavano un gruppo armato di circa 1.000 uomini che ha assalito un convoglio dell’Amis di 30 veicoli distruggendo le installazioni delle comunicazioni e tutto il materiale dei soldati impegnati in un’azione di peacekeeping”.
Secondo Ocampo, dopo l'assalto, i tre comandanti hanno partecipato personalmente, a fianco delle forze di ribelli, alla razzia dell’accampamento impossessandosi di diciassette veicoli, frigoriferi, computer, telefoni cellulari, stivali militari e uniformi, la scorta alimentare, le munizioni e il denaro in possesso dei singoli soldati.
A queste accuse la maggior parte dei gruppi ribelli ha risposto di essere “pronti a cooperare incondizionatamente con la Corte”.
Non dovrebbe essere implicato in queste indagini Al-Nur Abdel-Wahid, il massimo dirigente del Movimento di Liberazione del Sudan (SLM).
"Abbiamo sempre condannato gli attacchi ai peacekeeper - ha dichiarato il portavoce del Jem, Ahmed Hussein - È una violazione delle leggi internazionali che tutelano i diritti umani. La Corte penale internazionale è la sola entità che possa garantire la giustizia in Darfur – ha poi aggiunto Hussein - L'ordinamento giudiziario sudanese è incapace provare e perseguire questi crimini" .
E proprio da Khartoum i vertici governativi hanno annunciato scetticismo nei confronti di quest’azione della Cpi ribadendo che “non cambierà atteggiamento verso la Corte che non riconosce e non consegnerà alcun sudanese, che sia un ufficiale, un ribelle o un cittadino comune".
"Noi non siamo membri di questo organismo - ha dichiarato all'Ansa il consigliere presidenziale Mahgoub Faqdl Badri - e non abbiamo firmato la Carta di Roma. Perciò non ci interessano le sue decisioni e non prenderemo in considerazione le ultime richieste del suo procuratore, così come non abbiamo preso in considerazione quelle precedenti. Si tratta di una decisione legale e costituzionale approvata dal Parlamento".
Intanto continuano gli scontri tra ribelli ed esercito in Darfur, nonostante il cessate il fuoco annunciato il 12 novembre scorso da Bashir. I combattimenti scoppiati nella zona di Helf, nel Darfur del Nord, hanno causato la morte di almeno cinque ribelli e un soldato, mentre per Khartoum i guerriglieri uccisi sarebbero trenta. Stando a quanto dichiarato da Suleiman Marajan, dell'Esercito di liberazione del Sudan (Sla), all’Apcom “i combattimenti sono scoppiati nella mattinata del 20 e sono andati avanti per tre ore. Agli scontri hanno partecipato anche i combattenti di un altro movimento di ribelli (Sla-Unity)”. Non si hanno conferme, invece, sulle accuse rivolte al governo di aver bombardato un villaggio. Ma questo, purtroppo, non ci stupisce.

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giovedì, novembre 20, 2008

Foto di darfuriani in protesta

Darfuriani all'Aia, in Olanda. Tanti. Da tutta Europa, e non solo.

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mercoledì, novembre 19, 2008

Foto 31 ottobre: Manifestazione dei rifugiati per la giustizia in Darfur

Suliman Hamed, rappresentante dei rifugiati del Darfur in Italia, uomo simbolo del dramma che ha scosso la sua terra ma non la coscienza del Paese che lo ospita, è ancora al buio del seminterrato che ospita le assemblee dei rifugiati del Darfur a Roma, ad aspettare risposte. Risposte che, forse, non arriveranno mai.
I rifugiati del Darfur hanno chiesto, il 31 ottobre scorso, che i responsabili dei crimini contro l'umanità in Darfur siano processati secondo le leggi internazionali, a garanzia di giustizia e legalità.
L'evento, che ha visto la partecipazione di attivisti e rifugiati dalla Gran Bretagna, Olanda, Italia, Svezia, Francia Germania e Belgio, è stata supportata anche da organizzazioni del Canada, USA, Svizzera Australia e Medio Oriente.
Per informazioni: Suliman Ahmed: kois2778[at]maktoob.com

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Buone notizie

Darfur, approvato odg che impegna il Governo
a reperire risorse per l'invio di elicotteri all'Unamid

“Esprimiamo grande soddisfazione per l’approvazione dell’ordine del giorno che impegna il Governo a reperire le risorse per l’invio di alcuni elicotteri in Darfur, in appoggio alla missione Unaimd”.
E’ quanto si legge in una nota di “Italians for Darfur”.
“Questo provvedimento arriva in una fase cruciale del conflitto in atto nella regione – sottolinea Antonella Napoli, presidente dell’associazione - che rischia di riprendere con grande violenza".
Il testo, accolto a larghissima maggioranza, chiede al Governo di ‘impegnarsi a reperire le risorse che consentano l’invio da parte dell’Italia di alcuni elicotteri, dotati delle caratteristiche necessarie per la perlustrazione dell’area in conflitto, quale contributo italiano alla missione UNAMID’.
“L’approvazione di questo ordine del giorno – afferma l’onorevole Vernetti che ha recepito le nostre proposte e le ha presentate al Parlamento – ha un’importante valenza politica e rappresenta un primo passo verso un impegno del nostro Paese nei confronti del Darfur”.
“L’ausilio di elicotteri a lungo raggio – sottolinea l’ex sottosegretario agli Esteri - in grado di garantire maggiore sicurezza al contingente Onu-UA, potrebbe determinare una svolta nella gestione dell’intervento di peacekeeping finora fallimentare”.
“Solo con l’equipaggiamento adeguato e il dispiegamento effettivo dei 26 mila caschi blu previsti dalla risoluzione 1769 – conclude Vernetti - sarà possibile dar corso in modo efficace alla missione e fermare il genocidio in atto in Darfur che ha già causato oltre 300mila vittime e costretto alla fuga 2 milioni e mezzo di persone”.
Roma, 19 novembre 2008

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Da Nyala buone e cattive sorti di un progetto

E' diventato ormai un appuntamento gradito quello delle missive di Daniel, operatore umanitario a Nyala, che ci giungono attraverso l'amico Fiorenzo:

NYALA 17/11/2008
"Carissimo
...Ora che sembra che lavori questo benedeto compiuter che ancora non ci capisco molto hanno instalato un d s l che possiamo lavorare contemporaneamente in quattro e 24 ore al giorno. Spero d ora in avanti di essere più sollecito nello scrivere senza nessuna scusa.
Voglio raccontarvi qualcosa delle donne del campo che ancora non hanno finito il raccolto e sono ancora molto numerose che circolano e vengono al centro. Ormai sono sicure che entro breve tempo ritornano nei loro villaggi oppure nelle vicinanze e mi chiedono se le aiuto ancora. Da parte mia gli dico che se non siete lontane verro nei villaggi e se ho qualcosa ve la do come faccio ora qui. Come vedete ormai la gente e convinta che il pericolo è ovunque sia al campo che nei villaggi ora verrano degli aglomerati più consistenti e non piccoli come prima. La cosa che fa più paura ora sono le bande organizzate di ladri che ti ammazzano per un nulla e distruggono tutto indisturbati. Anche a me avevano organizzato di portarmi via l auto e la gente mi ha avertito la sera prima di non andarci al centro con l auto e io sono andato con l asinello. Con questo non voglio dire che la pace sia arrivata ma entro un raggio da nyala numerosi villaggi sono sorti e prosperano bene anche con l aiuto delle organizzazioni. Anchio dopo aver finito i lavori al centro mi trasferisco a una ventina di km e fare qualcosa al villaggio dove è nata ...che dal centro si vede il posto. Ce un villaggio abbastanza grosso con qualche vecchio che si dice discendente dalla famiglia .... Il capo villaggio ci ha donato un pezzo di terreno per far qualcosa personalmente io non l ho ancora visto ma dicono che è grande. Il raccolto non è ancora terminato ma si prevede da fame perchè al mercato ora il prezzo è radoppiato sia dell olio che del grano e la gente tira la cinghia fin da adesso per arrivare al prossimo raccolto. Un saluto da parte delle donne che sono più di cento e che mi dicono che continuate ad aiutarle perchè da sole non riescono a farcela. Un grazie anche da parte mia e un abbraccio a ciascuno ....e coraggio .....
Tanti saluti a tutti
vostro Daniel"

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martedì, novembre 18, 2008

Darfur, il nuovo cessate-il-fuoco seguirà la sorte dei precedenti?

di Stefano Cera
Pubblicato su Articolo 21 - link: http://www.articolo21.info/4531/editoriale/darfur-il-nuovo-cessateilfuoco-seguira-la-sorte.html
Il 12 novembre il presidente del Sudan Omar Hassan al-Bashir, al termine del “Forum delle popolazioni del Sudan”, ha annunciato un cessate-il-fuoco unilaterale, immediato e incondizionato nel Darfur, la definizione di un meccanismo di controllo dello stesso e la campagna per il disarmo di tutti i gruppi armati.
La dichiarazione unilaterale sarebbe stata “suggerita” al leader di Khartoum dalle conclusioni del forum (a cui ha partecipato anche il presidente dell’Eritrea Isayas Afeworki), che hanno evidenziato alcune iniziative ritenute essenziali per risolvere il conflitto nel Darfur: concreto supporto alla missione congiunta ONU/Unione Africana UNAMID prima della ripresa dei colloqui di pace con i movimenti di opposizione, creazione di un fondo di compensazione per le vittime del conflitto, agevolazioni per il ritorno degli sfollati ai loro villaggi e liberazione dei detenuti politici.
Incerta è invece la proposta di accorpare le tre regioni in cui è diviso il Darfur in un’unica regione amministrativa (come era prima della riforma amministrativa degli anni ’90); Bashir infatti ha sottolineato che verrà formata un’apposita commissione per realizzare studi specifici. Così come il presidente non si è impegnato su altri temi, come il rilascio delle persone coinvolte negli attacchi del JEM a Khartoum nel mese di maggio e la possibilità di creare una nuova carica di vice-presidente, specifica e rappresentativa del Darfur a livello nazionale. Il forum riunisce esponenti politici del Sudan (non dei movimenti di opposizione del Darfur) e personalità straniere ed è stato costituito da Khartoum all’indomani della richiesta di condanna del presidente sudanese da parte del procuratore della Corte Penale internazionale, Luis Moreno-Ocampo.
E’ legittimo avere delle riserve sulle dichiarazioni di Bashir e il timore è che anche questo cessate-il-fuoco possa seguire la sorte dei precedenti (sottoscritti dal governo e dai movimenti di opposizione) e rimanere una bella affermazione di principio, rispetto al quale tuttavia non c’è stato alcun seguito. Infatti, esiste il sospetto che la dichiarazione del presidente sia “strumentale” rispetto alla volontà di attrarre a sé alcuni esponenti dei movimenti di opposizione, così come accaduto nel 2006 con il Darfur Peace Agreement (sottoscritto, tra le forze ribelli, solo dalla fazione del Sudan Liberation Army/Movement – SLA/M di Minni Minawi che, in virtù della firma dell’accordo, è diventato la quarta carica dello stato). Inoltre, le dichiarazioni potrebbero essere frutto della volontà del presidente di creare un ambiente internazionale favorevole che incida sulla richiesta di condanna della Corte Penale Internazionale. Le perplessità sono confermate dagli attacchi dei giorni scorsi alle forze ribelli vicino al confine del Chad, che secondo fonti ONU e il JEM sarebbero stati compiuti dall’esercito regolare del Sudan. Secondo il portavoce del JEM, Ahmed Hussein Adam, “questa è un’altra prova delle reali intenzioni del regime di Khartoum che continua a comportarsi sempre allo stesso modo. […] Il cessate-il-fuoco è solo una grande bugia e un’attività di pubbliche relazioni”. Analoghe critiche provengono da Abdel Wahid, esponente di punta dello SLA/M, uno dei fondatori del movimento e leader riconosciuto nel Darfur (soprattutto all’interno dei campi-profughi) che, dopo un periodo passato in “isolamento “ volontario è ritornato sulla scena della regione. La sua presenza e il suo contributo sono considerati importanti ai fini di un accordo politico.
A prescindere dal fatto che le dichiarazioni di Bashir siano di facciata o meno, la Francia ha già dichiarato che queste, nonostante siano promettenti, non sono comunque sufficienti a persuadere Parigi ad opporsi alla possibile incriminazione di Bashir da parte della Corte Penale Internazionale, se non è accompagnato da una modifica di atteggiamento più generale (es. supporto convinto al processo di pace, consegna di Ali Kushayb e Mohamed Harun, i due esponenti del regime incriminati dalla Corte, ecc.).
Peraltro, la dichiarazione francese mette in evidenza un argomento molto importante, che riguarda le relazioni tra la comunità internazionale e il presidente sudanese. Infatti, sostenere che in caso di cambiamento di atteggiamento da parte del presidente ci potrebbe essere un “occhio di riguardo” nei confronti della sua situazione con la Corte, lascia intendere, fra le righe, una sorta di “mutua concessione” (del tipo “tu dai una cosa a me, io do una cosa a te”), quasi che le accuse a Bashir (tra cui, ricordiamo, la più grave di tutte, quella di genocidio) fossero in qualche modo “negoziabili”. E’ vero che la volontà e la collaborazione di Bashir sono fondamentali per il buon esito di alcune attività (su tutti l’efficacia dell’UNAMID); tuttavia l’obiettivo della comunità internazionale è di ottenere un comportamento efficace a prescindere da eventuali “sconti” al regime di Khartoum.
In conclusione, le perplessità, all’interno del Darfur come a livello internazionale, riguardano non tanto la dichiarazione sul cessate-il-fuoco e il disarmo delle milizie dei janjaweed (che restano elementi considerati prioritari per arrivare ad una soluzione del conflitto, tanto che lo stesso Wahid sottolinea che l’attività di “conflict resolution” sarà possibile solo dopo quella di “conflict suspension”), quanto piuttosto l’effettiva volontà di darvi seguito, visto che già in passato (a partire dal 2004) sono stati firmati tanti accordi in tal senso, nessuno dei quali ha avuto un seguito concreto. Le questioni che riguardano il conflitto nel Darfur sono molteplici (basti pensare alle notevoli difficoltà della missione UNAMID) e su tutte Khartoum può fare qualcosa per convincere tutti, all’interno del Darfur e a livello internazionale, che stavolta “si fa sul serio”. Non resta, evidentemente, che aspettare (e sperare), consapevoli tuttavia che la speranza da sola non basta.

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La farsa di Khartoum

Escalation repressiva contro la stampa sudanese
Arrestati e poi rilasciati 70 giornalisti che si oppongono alla censura del regime

Come purtroppo temevamo il cessate il fuoco in Darfur non è durato molto. I ribelli del Sla e del Jem hanno infatti denunciato ripetuti attacchi da parte dell'aviazione sudanese sui villaggi di Kurbia e Umraik. Il bilancio delle vittime non è ancora chiaro, ma è lampante la ‘farsa’ attuata a mezzo stampa dal presidente sudanese Omar El- Bashir che aveva annunciato nei giorni scorsi il “cessate il fuoco incondizionato”. Il Sudan Liberation Army e il Justice and Equality Movement, i principali movimenti ribelli che si contrappongono al regime da anni chiedendo uguale dignità politica ed economica per il popolo del Darfur, hanno accusato le forze governative di aver colpito la popolazione inerme senza alcun motivo.
E proprio la censura che voleva imporre il governo su queste notizie e su molte altre ha suscitato l’indignazione e la reazione di un nutrito gruppo di giornalisti sudanesi.
Almeno settanta persone sono state arrestate – e rilasciate dopo ventiquattro ore - dalla polizia di Khartoum. L’accusa? Una riunione non autorizzata su un memorandum da presentare ai legislatori per chiedere di rivedere le leggi che regolamentano il Diritto dell'informazione e la libertà di stampa. Questo incontro seguiva lo sciopero della fame partito martedì 4 novembre, che ha coinvolto 150 giornalisti, e il fermo stampa di tre giornali, l'Ajras Al-Hurriya, Al-Shab di Al-Maidan e Rayal, che per tre giorni hanno protestato contro le restrizioni del governo attraverso le quali vorrebbe controllare la linea editoriale.
I giornalisti sudanesi sono quotidianamente sottoposti alle molestie del regime: l'arresto, la detenzione, gli interrogatori, la confisca dei giornali stampati sono vessazioni continue per chi non si piega alla volontà governativa. Tutto questo è stato denunciato in una lettera, a firma degli attivisti per i diritti dell’informazione libera, presentata alla Sessione Ordinaria della Commissione africana sui Diritti umani che si è riunita in Nigeria il 14 novembre scorso.
L’escalation repressiva nei confronti dei media sudanesi si è intensificata dopo la richiesta di imputazione del presidente Bashir, accusato di genocidio e di crimini di guerra dal Tribunale Penale Internazionale. Da quel momento il servizio di sicurezza del regime ha imposto una serie di controlli di pre-censura. Ogni giornale viene visionato tutte le sere sera da un esponente dei Servizi e decide quali articoli debbano essere tagliato o riscritti. Spesso i direttori sono costretti a cancellare intere colonne o pagine.
A tutto questo l’intera opinione pubblica sudanese dovrebbe dire basta, ma in un Paese dove esprimere la propria opinione può costare la libertà non stupisce che cali il silenzio. Ma noi non restiamo zitti. Insieme ad Articolo 21, oltre ad esprimere totale solidarietà ai giornalisti che si contrappongono alla censura della giunta militare, chiediamo che il Governo e i media del nostro Paese non ignorino le repressioni messe in atto dal regime di Khartoum.

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domenica, novembre 16, 2008

L'ONU indaga su possibile bombardamento in Darfur.

E' forse già rotto il cessate-il-fuoco dichiarato a mezzo stampa dal Presidente sudanese Al-Bashir.
In un nostro comunicato, il presidente dell'associazione Italians for Darfur, Antonella Napoli, aveva già espresso alcune perplessità pochi giorni fa: "L'annuncio del cessate il fuoco in Darfur è senz'altro una notizia positiva, ma che accogliamo con qualche riserva" (APCOM).
Oggi, i ribelli accusano a gran voce i primi attacchi da parte dell'aviazione sudanese. L'ONU ha dichiarato, dal canto suo, di voler avviare delle indagini in merito a quanto potrebbe essere accaduto nel Nord Darfur: nei villaggi di Kurbia e Umraik, i più colpiti, il bilancio sarebbe di un morto, due dispersi, due feriti almeno. A lanciare le ennesime accuse al governo sudanese sono importanti esponenti dei due principali movimenti ribelli in Darfur, il Sudan Liberation Army e il Justice and Equality Movement, che da anni chiedono uguale dignità politica ed economica per il popolo del Darfur, in un Paese, il Sudan, dal cui sviluppo economico della capitale sono da sempre escluse periferie e minoranze. Ma in Africa, anche questo, potrebbe tradursi nell'ennesima lotta di potere, in Sudan come in Congo, ma anche nel cuore di ogni uomo. Dimensioni che ha voluto ricordare il Papa, Bendetto XVI, nella preghiera di chiusura dell'udienza generale del mercoledì, in piazza San Pietro a Roma.

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giovedì, novembre 13, 2008

In Darfur

Un libro per conoscere e capire le ragioni del conflitto

Sullo sfondo della crisi del Darfur – la peggiore catastrofe umanitaria in corso sulla Terra, secondo quanto dichiarato dalle nazioni Unite nel 2004 – il romanzo, liberamente ispirato a fatti realmente accaduti, narra le vicende di Giorgio Respighi, esperto di mantenimento della pace in servizio all’ONU, “spedito” a Khartoum per contribuire alla analisi e comprensione politica della grave situazione creatasi con l’avvio della ribellione nella remota regione occidentale del Sudan. A contatto con le drammatiche situazioni vissute dalle popolazioni vittime del conflitto, e sempre più consapevole della distanza con cui si guarda alla crisi dalle capitali del mondo che conta, Respighi compie un percorso interiore che lo condurrà a compiere scelte imprevedibili e dirompenti. Intorno a lui, una serie di personaggi, a simbolizzare la straordinaria varietà umana che la crisi del Darfur ha riunito e messo confronto: gli sfollati, con i racconti delle loro terribili storie; gli operatori umanitari, e le difficoltà di ambientamento patite; i ribelli e le loro aspirazioni; i Janjaweed e la ferocia dei loro attacchi; i funzionari governativi e internazionali, con le loro idee a confronto. Il Darfur, un altro posto sulla Terra, che la guerra trasforma, con ogni probabilità in peggio e per sempre. E la guerra, insieme alle sue conseguenze e agli sforzi per arginarle, al pensiero elevato di chi vorrebbe abolirla, viene presentata in tutta la sua sconvolgente crudezza. Chi acquista “In Darfur” contribuisce ( nella misura dei proventi dell’autore, interamente devoluti) al Centro cardiochirurgico di Emergency a Khartoum, Salam Centre, dove vengono operati gratuitamente bambini, giovani e adulti sudanesi e dei Paesi limitrofi.

Prezzo di vendita € 15,00
http://ilmiolibro.kataweb.it/libro.asp?id=66414

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mercoledì, novembre 12, 2008

Darfur, annunciato il “cessate il fuoco”

Propaganda del governo sudanese o passo verso la pace?

L
a notizia era nell’aria da tempo. Omar Hassan al-Bashir, presidente del Sudan, lo aveva anticipato nei giorni scorsi affermando che ‘stava lavorando per la pace in Darfur. Poi l’annuncio: “Proclamato l’immediato e incondizionato cessate il fuoco nel Darfur”. Peccato che uno dei principali gruppi ribelli della regione abbia già rifiutato l'offerta.Forse le rassicurazioni di Al Bashir, il quale ha affermato che il suo Governo darà “corso immediato a una campagna per disarmare le milizie e restringere l'uso delle armi tra le forze armate" non hanno convinto il Movimento Giustizia ed Eguaglianza che ha risposto dichiarando che “il cessate-il-fuoco annunciato da Khartoum non è serio”.Ciò significa che il Jem non smetterà di combattere contro le forze governative. Un portavoce del movimento ha però precisato che se si raggiungesse un accordo quadro che garantisca i diritti del movimento la decisione potrebbe essere rivista. In poche parole alzano il prezzo. Vogliono qualcosa in cambio… terra e potere.Le violenze in Darfur sono iniziate proprio a causa delle aspirazioni dei ribelli, che hanno portato a una contrapposizione con il regime sudanese: un conflitto che ha coinvolto tutte le tribù darfure e che ha causato non meno di 200mila morti e costretto 2,5 milioni di persone ad abbandonare le proprie case.Agli insorti impegnati a combattere per qualsiasi cosa, dal controllo del bestiame a quello per la terra, il regime di Bashir ha opposto sanguinarie milizie arabe, dette janjaweed, i ‘diavoli a cavallo’.Questi miliziani non hanno esitato a saccheggiare villaggi, uccidere uomini e violentare le donne. Hanno messo in atto una vera e propria ‘pulizia etnica’ visto che le vittime sono tutte di etnia Fur, Zaghawa e di altre popolazioni del Darfur. Proprio per la responsabilità di aver armato i janjaweed, la Corte penale internazionale ha chiesto l’incriminazione del presidente sudanese. E forse il cessate il fuoco proclamato da Bashir è anche dovuto alle indagini e alla richiesta di arresto avanzata dal Procuratore Ocampo. Per questo bisogna continuare a sostenere l’azione della CPI: una pace duratura in Sudan può passare solo attraverso l’accertamento delle responsabilità penali di chi ha coperto e perpetrato crimini di guerra e garantendo giustizia a tutte le vittime di queste violenze.

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lunedì, novembre 10, 2008

Sudan: la produzione di greggio aumentera' del 20% nel 2009

Mentre migliaia di civili continuano a soccombere alla violenza e alla fame, in un perenne stato di guerra, e solo un flebile riavvicinamento diplomatico tra Sudan e Ciad interrompe la triste catena di notizie che giungono dall'area, i temi economici tengono banco nella capitale sudanese, sede dell'oligarchia araba del Paese. Da quando e' scoppiato il conflitto in Darfur, come abbiamo gia' denunciato in questo spazio, gli scambi commerciali sono aumentati progressivamente, soprattutto con il colosso asiatico, la Cina, e la Russia, ma anche con Paesi europei, tra cui l'Italia.
Appare quindi significativo che Karthoum annunci di voler portare la produzione di greggio dagli attuali 500.000 milioni di barili a 600.000 milioni nel 2009.
Nei primi nove mesi del 2008 il Sudan ha esportato verso la Cina circa 205.000 barili al giorno, quantita' considerevole ma al di sotto delle aspettative dell'anno precendente. Il greggio venduto e' principalmente di tipo Nile Blend. E' di oggi la notizia che il governo sudanese e' stato costretto , invece, a ridurre pesantemente il prezzo del Dar Blend, molto acido e per questo poco ricercato, complice anche le sanzioni degli Stati Uniti alle compagnie che acquistino prodotti sudanesi, passando dai 34 ai 14 dollari circa a barile.
La cinese UNIPEC, secondo alcune indicrezioni dell'ambiente, sarebbe intenzionata a comprare l'intero lotto, 1,6 milioni di barili, del greggio a piu' basso conenuto solforico, "sweet grade", dell'offerta sull'acido Dar Blend, che puo' esssere usato in soluzione con altri tipi di greggio.

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sabato, novembre 08, 2008

Giornalisti sudanesi scioperano contro la censura

"The State shall guarantee the freedom of the press and other media as shall be regulated by law in a democratic society".
-Sudanese Constitution, part II: Bill of Rights -

Si avvia a conclusione la prima ondata di sciopero di alcuni giornalisti sudanesi, seguita agli ennesimi attacchi governativi alla liberta' di stampa, iniziata il 4 novembre scorso presso le redazioni di quotidiani come "Ajras Al Hurriya" e "Ra'y Alshaab".

Salah Bab Allah, tra gli altri, giornalista del quotidiano di Khartoum "Al Entibaha", e' agli arresti dal 1 novembre per aver pubblicato notizie su un focolaio di febbre emorragica nel Kordofan, ovest del Sudan.
La Costituzione sudanese garantisce la liberta' di stampa, ma nella pratica i funzionari governativi sottopongono a un rigido controllo tutte le notizie, in particolare quelle che riguardano le continue violazioni dei diritti umani in Darfur.

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venerdì, novembre 07, 2008

Italia - Darfur

Un nuovo successo di Italians for Darfur:

nasce l'Intergruppo parlamentare

Un nuovo importante passo per avvicinare le Istituzioni italiane al Darfur è stato compiuto grazie all'impegno della nostra associazione. Lo scorso 5 novembre, nella Sala stampa della Camera dei Deputati, si è riunito per la prima volta l’Intergruppo parlamentare Italia – Darfur, nato da una nostra proposta e grazie al supporto dell'onorevole Gianni Vernetti.
All'incontro erano presenti Antonella Napoli, presidente, e Sharon Nizza, tesoriere, di “Italians for Darfur”.
L’onorevole Vernetti, promotore dell’iniziativa, ha illustrato gli intenti dell’Intergruppo e ha proposto un testo di risoluzione da presentare in Parlamento.
Su questo punto hanno espresso le proprie osservazioni i vari parlamentari presenti, che non hanno fatto mancare il proprio contributo di conoscenza sulle tematiche affrontate. Si è anche discusso sulle iniziative da intraprendere in futuro, sulle quali si approfondirà la discussione nei prossimi incontri.
Al termine della riunione è stato eletto all'unanimità, l'onorevole Vernetti.
Vi terremo costantemente aggiornati sulle prossime azioni dell'Intergruppo.
Chiunque avesse osservazioni o suggerimenti può scrivere a info@italiansfordarfur.it oppure ad antonella.napoli@italiansfordarfur.it.

Grazie, come sempre, per il vostro impegno e interesse per il Darfur.

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domenica, novembre 02, 2008

31 ottobre: Manifestazione dei rifugiati del Darfur per la giustizia

I rifugiati del Darfur, tra cui anche una rappresentanza dall Italia, si sono riuniti all AJA in sostegno del tentativo del Procuratore Capo Moreno Ocampo della CPI, di perseguire il Presidente sudanese per crimini contro l umanità. Riportiamo il comunicato diffuso:

The people of Darfur support The Chief Prosecutor of The International Criminal Court Mr. Moreno-Ocampo in the indictment of Sudanese president Omar Hassan el Bashir
Your Excellency The Chief Prosecutor,

The signatories to this letter are representatives of the people of Darfur in Diaspora. The few who have assembled here today, from different parts of the globe, would like to express their utmost gratitude and emphatic support to the work of the International Criminal Court in pursuit for justice particularly for the innocent Darfuris who have endured a bitter experience of state sponsored atrocities for quite a long time. We do not only represent the voice of the oppressed masses of Darfur in their all walks of life but also express the feelings of the silent peace-loving masses of our globe.Life offers very little to cherish in the absence of peace and peace can never be realized without justice. Peace and justice can not and shall not be traded with each other. Humanity has had enough of tyrannies and rouge regimes that do not only devalue human life but intend to destroy humanity. Grave crimes against humanity and impunity under the guise of sovereignty should not be unaccounted for. The credit goes to International Criminal Court with you as its Chief Prosecutor to render an unprecedented service to humanity.The innocent civilian population of Darfur, as you are aware, has been victim of the worst criminal acts in the 21st century for no reason other than the revolt of some of their sons against the persistent injustices they have been enduring for decades. The regime in Khartoum is directly and solely responsible for all the mass killings, rape, torture, and forced displacement of our people. We genuinely value the efforts of The Chief Prosecutor of ICC and his team to have indicted the president of the Sudan Omar Hassan el Bashir for genocide, war crimes and crimes against humanity in Darfur. Genocide and other grave atrocities in Darfur have been, as are still being, orchestrated, financed and systematically carried out under direct supervision of Omar el Bashir Justice and peace in Darfur and the Sudan will prevail only when the principal perpetrators of the crimes against humanity and war crimes are held accountable. What happened in Darfur is directly attributable to the regime’s similar outrageous practices in South Sudan and the Nuba Mountains with complete impunity. Only law and international justice can deter the repetition of the same sad human tragedies. If the international community in fact believes in “never again”, they should unconditionally and robustly support the exertion of the International Criminal Court and its Chief Prosecutor to bring the perpetrators of gross human atrocities to justice.Peace-loving people of Darfur fully and categorically support your endeavours to end genocide, war crimes and crimes against humanity in Darfur and the rest of the world.We are confident in your unshakeable determination to proceed in the quest for justice against all odds

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31 ottobre: Manifestazione dei rifugiati del Darfur per la giustizia

I rifugiati del Darfur, tra cui anche una rappresentanza dall Italia, si sono riuniti all AJA in sostegno del tentativo del Procuratore Capo Moreno Ocampo della CPI, di perseguire il Presidente sudanese per crimini contro l umanità. Riportiamo il comunicato diffuso:

The people of Darfur support The Chief Prosecutor of The International Criminal Court Mr. Moreno-Ocampo in the indictment of Sudanese president Omar Hassan el Bashir
Your Excellency The Chief Prosecutor,

The signatories to this letter are representatives of the people of Darfur in Diaspora. The few who have assembled here today, from different parts of the globe, would like to express their utmost gratitude and emphatic support to the work of the International Criminal Court in pursuit for justice particularly for the innocent Darfuris who have endured a bitter experience of state sponsored atrocities for quite a long time. We do not only represent the voice of the oppressed masses of Darfur in their all walks of life but also express the feelings of the silent peace-loving masses of our globe.Life offers very little to cherish in the absence of peace and peace can never be realized without justice. Peace and justice can not and shall not be traded with each other. Humanity has had enough of tyrannies and rouge regimes that do not only devalue human life but intend to destroy humanity. Grave crimes against humanity and impunity under the guise of sovereignty should not be unaccounted for. The credit goes to International Criminal Court with you as its Chief Prosecutor to render an unprecedented service to humanity.The innocent civilian population of Darfur, as you are aware, has been victim of the worst criminal acts in the 21st century for no reason other than the revolt of some of their sons against the persistent injustices they have been enduring for decades. The regime in Khartoum is directly and solely responsible for all the mass killings, rape, torture, and forced displacement of our people. We genuinely value the efforts of The Chief Prosecutor of ICC and his team to have indicted the president of the Sudan Omar Hassan el Bashir for genocide, war crimes and crimes against humanity in Darfur. Genocide and other grave atrocities in Darfur have been, as are still being, orchestrated, financed and systematically carried out under direct supervision of Omar el Bashir Justice and peace in Darfur and the Sudan will prevail only when the principal perpetrators of the crimes against humanity and war crimes are held accountable. What happened in Darfur is directly attributable to the regime’s similar outrageous practices in South Sudan and the Nuba Mountains with complete impunity. Only law and international justice can deter the repetition of the same sad human tragedies. If the international community in fact believes in “never again”, they should unconditionally and robustly support the exertion of the International Criminal Court and its Chief Prosecutor to bring the perpetrators of gross human atrocities to justice.Peace-loving people of Darfur fully and categorically support your endeavours to end genocide, war crimes and crimes against humanity in Darfur and the rest of the world.We are confident in your unshakeable determination to proceed in the quest for justice against all odds

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