Il blog di Italians for Darfur

lunedì, settembre 07, 2009

Il diritto che non c'è e la storia di Lubna

di Antonella Napoli*

L'Ua vuole tribunali locali per la giustizia in Sudan,
Paese che arresta le donne che portano i pantaloni

Nei giorni scorsi leggevo sul Sudan Tribune di una proposta per 'risolvere' la crisi del Darfur: una commissione per accertare la verità e favorire la riconciliazione sociale, come avvenne a suo tempo in Sudafrica, e l'istituzione di tribunali speciali che processino i presunti autori di crimini di guerra perpetrati nei sei e più anni di conflitto nella regione sudanese.
Volendo leggere 'positivamente' le intenzioni del comitato guidato dall'ex presidente sudafricano Mbeki, nato in seno all'Unione Africana con l'intento di porre fine all'instabilità nell'area. ci si scontra con la volontà manifestata di esautorare il Tribunale penale internazionale, mal visto da gran parte dei paesi africani, dall'inchiesta che ha portato all'incriminazione del presidente del Sudan Omar Al Bashir.
L'Ua vorrebbe 'affidare' la giustizia a una gestione locale affinchc si arrivi a un compromesso tra il processare gli esponenti del governo sudanese all'Aia e garantire loro immunità o un giudizio poco credibile. Ma i ribelli del Jem (il Movimento per la Giustizia e l'Uguaglianza che continua a combattere contro il regime di Kharyoum), ha già fatto sapere chiaramente che si opporranno "a qualsiasi tentativo di istituire corti o sedi di processi nel modo descritto dal Sudan Tribune perché sarebbe solo una via d'uscita per Bashir". Insomma il Jem, come gran parte degli osservatori internazionali e dei cooperanti, continua a ritenere la Corte Penale Internazionale l'unico organo 'lecito' a occuparsi del Darfur.
E come non essere d'accordo quando in Sudan e in molti altri stati aderenti all'Ua si viòla quotidianamente ogni basilare diritto umano! Basti pensare alla vicenda di Lubna, Ahmed Hussein, giornalista sudanese ed ex impiegata dell'Onu, arrestata in patria il 3 luglio scorso perché indossava i pantaloni.
L'articolo 152 del codice penale sudanese giudica ''indecente'' che le donne portino i pantaloni, ha raccontato la giovane in un'intervista a Repubblica pubblicata oggi.
''La condanna consiste in 40 frustate o nel pagamento di una multa o entrambe''. ''Dal 1991 a oggi - ha ricordato Lubn che si è licenziata dall'Onu per rinunciare all'immunità - almeno 20 mila donne sono state arrestate in base a questa legge, ma nessuna di loro ne parla e nessuno lo sa''. Per questo non ha paura di essere frustata ed è pronta a subire anche più di quaranta frustate, purché tutti sappiano cosa succede a Khartoum. E noi amplifichiamo, e sempre lo faremo, la sua e tutte le voci che denunciano i soprusi subiti.

* presidente di Italians for Darfur