Il blog di Italians for Darfur

mercoledì, gennaio 28, 2009

Novemila persone allo sbando tra Muhajiriya e El-Fasher

Fonti ufficiali delle Nazioni Unite parlano di oltre 9000 civili allo sbando tra le regioni del Sud Darfur e del Nord Darfur bombardate dalle forze aeree sudanesi nelle ultime due settimane.
I bombardamenti continuano tra Muhajiriya e El Fasher, disperdendo la popolazione che si accalca intorno alle postazioni delle Nazioni Unite alla ricerca di cibo e protezione o si incammina verso altre località lungo il confine tra le due regioni.
Gravissime, neanche a dirlo, le condizioni sanitarie della popolazione in fuga.

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sabato, gennaio 24, 2009

Muhajiriya: la città sotto le bombe si prepara a nuovi scontri

Le forze aeree sudanesi continuano a bombardare Muhajiriya, una delle piu' grandi città del Sud Darfur, da quando le forze ribelli del JEM, il gruppo ribelle che tentò l'attacco alla capitale alcuni mesi fa, ne hanno preso il controllo. Il JEM, che gode di minore popolarità ma è meglio armato delle due principali fazioni del Sudan Liberation Movement (SLM) e che sembra essere legato a uno dei principali ideologi del fondamentalismo islamico in Sudan, Hassan Al Turabi, arrestato pochi giorni fa per aver chiesto al Presidente di consegnarsi alla Corte Penale Internazionale, aveva lanciato una pesante offensiva contro le forze di Minni Minnawi che controllavano Muhajiriya, prendendone il controllo dopo circa una settimana di scontri.

Sabato scorso, alcune bombe sarebbero cadute vicine a una base dell'UNAMID, secondo quanto riferito da un Ufficiale ONU.
Intanto si registrano nuovi scontri anche tra i ribelli e le truppe regolari intorno alla città.

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giovedì, gennaio 22, 2009

Autorizzato l'invio di velivoli da trasporto per i peacekeeper : il nostro impegno è stato premiato

Darfur/ Al via partecipazione Italia a missione di pace Onu-Ua
Autorizzato l'invio di velivoli da trasporto per i peacekeeper

Roma, 22 gen. (Apcom) - L'Italia parteciperà alla missione di pace in Darfur, mettendo a disposizione velivoli per il trasporto dei peacekeeper presenti nella regione sudanese, dove dal 2003 è in atto una guerra civile che ha causato almeno 300.000 morti e oltre 2,7 milioni di profughi. Intanto, Unione africana e Onu hanno annunciato per i prossimi due mesi l'invio di altre centinaia di militari nella regione, al fine di accelerare il pieno dispiegamento dei 26.000 uomini previsti dalla missione di pace congiunta (Unamid), autorizzata nel luglio 2007 e diventata operativa il 31 dicembre 2007.

L'intervento italiano è stato approvato dalla Camera dei deputati italiani nell'ambito del decreto di proroga di sei mesi delle missioni all'estero. "E' stata autorizzata, a decorrere dal 1 gennaio 2009 e fino al 30 giugno 2009, la spesa di 5.573.720 per concorrere alle azioni necessarie a garantire il ristabilimento della pace nel Darfur, la protezione della popolazione civile e la prosecuzione delle attività di assistenza umanitaria - si legge nel testo licenziato da Montecitorio - il contributo italiano sarà concentrato sul trasporto aereo di personale ed equipaggiamenti per lo schieramento definitivo dei contingenti militari stranieri che partecipano alla missione". Il decreto è passato ora al Senato per il via libera definitivo.

In un rapporto diffuso nei mesi scorsi, esperti Onu hanno denunciato come il mancato dispiegamento del contingente militare previsto dalla risoluzione 1769 e l'assenza di mezzi logistici impediscono ai peacekeeper di monitorare l'embargo sulle armi, difendere se stessi o proteggere i civili. Nei mesi scorsi, era stato lo stesso Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, a intervenire personalmente per sollecitare gli Stati membri a fornire le attrezzature logistiche necessarie. Il governo italiano ha espresso la propria disponibilità alla fine di dicembre, con l'annuncio del via libera alla missione da parte del ministero della Difesa all'inizio di gennaio. Negli stessi giorni, fonti militari italiani hanno riferito ad Apcom che sono due gli aerei da trasporto pronti a partire: "La pianificazione al Coi (Comando Operativo di vertice Interforze) è ancora in corso. Sono già pronti a partire due velivoli, un C-27J e un C-130J per il trasporto tattico. Al momento non è ancora stato deciso se la missione italiana comporterà l'impiego di entrambi o di uno solo".

"Questo voto rappresenta per Italians for Darfur una importante vittoria per la nostra associazione - ha commentato oggi Italians for Darfur, da anni in prima linea per garantire il rispetto dei diritti umani nella regione - ringraziamo il ministro della Difesa e il presidente del consiglio per aver raccolto i nostri appelli, ma il nostro grazie piú sentito va a quei parlamentari che si sono fatti portavoce delle nostre istanze in Parlamento.
Il Darfur è diventato finalmente una priorità anche per il nostro Paese e siamo lieti di constatare che il provvedimento sia passato a stragrande maggioranza".

Intanto, Unamid ha annunciato che entro marzo arriveranno in Darfur truppe da Egitto, Sudafrica, Senegal e Bangladesh, mentre nei mesi successivi altre forze verranno messe a disposizione da Nepal, Nigeria, Egitto ed Etiopia. Anche la Tanzania ha annunciato l'invio di un battaglione di fanteria di circa 900 uomini. Domenica scorsa, Unione africana, Onu e governo sudanese hanno tenuto un vertice ad Addis Abeba per discutere le modalità con cui accelerare il dispiegamento della forza di pace.
Al termine dell'incontro è stato firmato un memorandum di intesa tra Khartoum e Unamid che consente alla forza di pace di utilizzare le infrastrutture aeroportuali sudanesi per favorire il dispiegamento del contingente. Un ulteriore passo avanti fatto da Khartoum dopo il via libera concesso l'agosto scorso al sorvolo notturno nella regione.

Tuttavia, il portavoce Onu Noureddine al Mezni ha sottolineato domenica scorsa la necessità di arrivare a un accordo di pace nella regione. "Naturalmente possiamo avere 26.000 militari sul terreno, ma abbiamo bisogno di pace e questa puó arrivare solo da un processo politico di pace - ha detto - ora non c'è pace da mantenere".

Sim/Coa

221516 jan 09GMT

Quello che segue è il comunicato integrale inviato alla stampa e ripresp dalle agenzie

Italians for Darfur: vinta una sfida, il Darfur priorità anche per Italia
“Con l’approvazione da parte dell’assemblea di Montecitorio del decreto di proroga delle missioni internazionali la Camera ha dato il via libera anche alla partecipazione dell’Italia all’Unamid, intervento di peacekeeping in Darfur”.
“E’ stata autorizzata, a decorrere dal 1o gennaio 2009 e fino al 30 giugno 2009 - sottolinea Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur, organizzazione che da anni si batte per i diritti umani in Darfur e che ha più volte richiesto l’impegno del governo nei confronti della crisi umanitaria nella regione sudanese - la spesa di 5.573.720 per concorrere alle azioni necessarie a garantire il ristabilimento della pace nel Darfur, la protezione della popolazione civile e la prosecuzione delle attività di assistenza umanitaria. Il contributo italiano sarà concentrato sul trasporto aereo di personale ed equipaggiamenti per lo schieramento definitivo dei contingenti militari stranieri che partecipano alla missione”.
“Questo voto rappresenta per Italians for Darfur – prosegue la nota –una importante vittoria per la nostra associazione. Ringraziamo il ministro della Difesa e il presidente del consiglio di avere raccolto i nostri appelli, ma il nostro grazie più sentito va a quei parlamentari che si sono fatti portavoce delle nostre istanze in Parlamento.
“Il Darfur è diventato finalmente una priorità anche per il nostro Paese – conclude il presidente di Italians for Darfur - e siamo lieti di constatare che il provvedimento sia passato a stragrande maggioranza. Un voto trasversale che fa ben sperare anche per il passaggio per l’approvazione definitiva al Senato”.

Roma, 22 gennaio 2009

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sabato, gennaio 17, 2009

14 Gennaio: Incontro Italia-Sudan alla Farnesina

E' passato in silenzio l'incontro tra il Ministro degli Esteri Frattini e il consigliere personale del Presidente sudanese Omar Hassan al-Bashir, Nafie Ali Nafie, alla Farnesina il 14 gennaio scorso. Oltre a trattare la questione del Sud Sudan e del Darfur, per il quale è stato ribadito il sostegno alla missione UNAMID, " hanno convenuto sull'opportunita' di rafforzare i rapporti economico-commerciali, anche attraverso una maggiore presenza di imprese italiane nell'economia del Sudan, in questi anni in forte crescita, con particolare riguardo ai settori dell'agricoltura e delle infrastrutture'(ASCA)".

Approfondisci i rapporti economici tra Italia e Sudan

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Solo il 16 % degli italiani conosce il conflitto in Darfur

Solo il 16% degli italiani, secondo un sondaggio di Caritas italiana, ''Famiglia cristiana'' e ''Il Regno'' sarebbe a conoscenza del conflitto in corso in Darfur.
Non va meglio nemmeno per i conflitti in Somalia (9%) e Cecenia (6%), come piu' volte ricordato dalla nostra stessa associazione, Italians for Darfur, che dal 2006 denuncia la necessita di una informazione di qualità sulle crisi umanitarie dimenticate.,

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Respinta la lettera delle ONG al Global Compact

Il direttore del Global Compact, Georg Kell, respinge al mittente la denuncia delle oltre ottanta ONG del mondo, tra cui Italians for Darfur, contro l’adesione del colosso petrolifero cinese PetroChina, accusato di complicità nello sterminio perpetuato in Darfur. Il Global Compact è una iniziativa delle Nazioni Unite per il monitoraggio della responsabilità sociale delle imprese.

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Nuovi bombardamenti nel Sud Darfur

Le Nazioni Unite denunciano nuovi bombardamenti ad opera dell'aeronautica militare sudanese (SAF) in diverse località del Sud Darfur, nell'area di Muhajeria, il 13 gennaio scorso. Immediata la condanna del Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon.

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giovedì, gennaio 15, 2009

Continuano i rapimenti e gli omicidi in Darfur

Le donne del Darfur sono da sempre le principali vittime del conflitto in atto nella regione sudanese dal febbraio 2003. Continuano sia nei villaggi che nei campi profughi, da parte delle milizie arabe, i rapimenti di giovani e adolescenti con lo scopo di utilizzarle come mano d'opera non pagata, per la schiavitù sessuale o per matrimoni forzati. L’ultimo tentativo, per fortuna sventato, è avvenuto nella zona Occidentale del Darfur.
Sei profughe ospitate nel campo di accoglienza di Hassa Hissa sono riuscite a scampare a un terribile destino solo grazie all’intervento dei militari della missione di pace dell’Onu.
Le sventurate protagoniste di questo episodio erano state catturate fuori dall’area sorvegliata mentre raccoglievano la legna da ardere per cucinare e riscaldarsi.
A lanciare l’allarme sono stati i cooperanti impegnati nel campo, che hanno inviato un’informativa al centro operativo della zona Ovest dell’Unamid.
Dopo i primi accertamenti, un convoglio composto da una squadra del comparto sicurezza ha raggiunto l’area in cui è avvenuto il rapimento ed ha effettuato un sopralluogo.
Nel giro di poche ore i peacekeeper sono riusciti a mettersi sulle tracce dei rapitori. Secondo le informazioni rese note dal comando generale, i fuggitivi sentendosi braccati e capendo che i militari erano ormai a pochi chilometri di distanza da loro, hanno rilasciato le donne che sono state trovate in discrete condizioni ma molto provate e spaventate.
Hassa Hissa, dove hanno fatto rientro le rapite, è uno dei cinque campi profughi nell’area di Zalingei che ospita120.000 persone.
Nelle scorse settimane un gruppo armato di miliziani ha attaccato il centro di accoglienza, distruggendo strutture ed equipaggiamenti, tra cui cinque pompe di acqua. Alcuni giorni dopo, gli stessi militari hanno ucciso il capo villaggio locale, Musa Abakr Posh, entrando nella sua abitazione e saccheggiando tutto quello che hanno potuto.
Ma l’obiettivo principale dei janjaweed restano le donne. Lo sono sempre state, dall’inizio di questa sporca guerra e lo saranno ancora perché più deboli.
Le loro denunce, le storie di queste vittime predestinate, sono uno squarcio profondo su una realtà per troppo tempo taciuta o riportata in modo distorto (da molti) e con grande difficoltà e rischi (da pochi). Tutto ciò perché le loro testimonianze riescono a superare raramente i confini della censura sudanese.
Ma non è tutto.
Le donne del Darfur sono due volte vittime. Alcune poco più che bambine, quando sopravvivono allo stupro e non riescono a nasconderlo vengono rifiutate dai mariti o dai padri e allontanate dalle comunità in cui sono nate, cresciute e hanno messo al mondo i loro figli. E nessuno può impedirlo.
Sono pochi gli uomini che decidono di contrapporsi alla retrograda mentalità di questa gente, che vive in un mondo maschilista, dove la donna viene considerata meno di niente.

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martedì, gennaio 13, 2009

Nuova campagna

Denunciamo la presenza di PetroChina nel GlobalCompact dell’Onu

80 associazioni contestano violazioni dei principi fondanti sui diritti umani

Ottanta organizzazioni di 25 paesi – per lo più associazioni per i diritti umani, ma anche parlamentari statunitensi e canadesi e personaggi famosi come Mia Farrow, già in passato impegnata per il Darfur – hanno inviato una lettera aperta al Global Compact delle Nazioni Unite, in supporto alla denuncia presentata contro PetroChina, posseduta all’88% dalla China National Petroleum Corp (CNPC) che da tempo ha aderito a UNGC.
Noi siamo, in rappresentanza dell'Italia, tra i firmatari di questa lettera, indirizzata a Georg Kell Direttore esecutivo del Global Compact Office of the Secretary General.

Ecco il testo:


Mr. Georg Kell
Executive Director of the Global Compact Office of the Secretary General
United Nations New York, NY 10017

January 09, 2009

Distinto Dott. Georg Kell,

Il 12 maggio 2008, un’ampia base di organizzazioni della società civile ha esortato la United Nations Global Compact (UNGC) a usare la sua influenza e il diritto e prestigio dell’organizzazione per richiamare la PetroChina Co Ltd. (PetroChina), facente parte della UNGC, nell’interesse della popolazione del Sudan. In quella occasione, Lei inoltrò una lettera di denuncia alla PetroChina.

Da allora, Investors Against Genocide (IAG) e il Centre for Research on Multinational Corporations (SOMO) hanno sollecitato in forma privata i rappresentanti della UNGC a indirizzare i loro reclami alla compagnia petrolifera cinese. Il 15 dicembre 2008, dopo più di sette mesi senza alcuna risposta dalla PetroChina, IAG e la SOMO hanno inviato alla UNGC una denuncia formale della PetroChina, in quanto perpetrerebbe un “sistematico e palese abuso” del complesso dei principi e degli obiettivi della Global Compact.

Crediamo fermamente nei principi fondatori della Global Compact, che impone al mondo delle imprese il rispetto della protezione dei diritti umani universalmente riconisciuti e il loro sostegno e che assicura che esso non si renda complice degli abusi dei diritti umani.
I gravi abusi dei diritti umani in Darfur, Sudan, richiedono l’’applicazione urgente e risoluta di questi principi.

A dispetto di questi principi, la Petrochina, divisione quotata in Borsa della China National Petroleum Corporation (CNPC), il più grande partner industriale del Sudan nel settore petrolifero, è indiscutibilmente legata al regime che perpetua il violento conflitto in Darfur.

Chiediamo quindi che il Global Compact indirizzi formalmente e urgentemente il proprio grave reclamo alla PetroChina sulla base delle Integrity Measure della UNGC per "Accuse di violazioni gravi o sistematiche”.

Nel fare questo, il Global Compact assumerà una forte presa di posizione contro la violazione dei suoi principi di base. Tramite tale denuncia, la UNGC sosterrà l’importanza e il primato di quei principi, enfatizzando che il loro rispetto assiduo è sia atteso sia richiesto dai firmatari per evitare complicità negli abusi dei diritti umani, e che non è accettabile che essi vengano considerati semplici parole. Questa denuncia spingerà la PetroChina a prendere una decisa azione in merito spigendo altri nella regione che vorranno scongiurare prossime future penalizzazioni, stabilendo così un precedente per future simili crisi.
Crediamo che la UNGC, avendo creato le Integrity Measures, debba ora applicarle dato i gravi abusi dei diritti umani e la serietà di questa denuncia. Agire altrimenti indebolirebbe sotanzialmente l’influenza morale della UNGC.

Nell’’edizione dell’ Aprile 2008 della Compact Quarterly newsletter, Lei ha scritto:
"La società civile deve continuare a vigilare. Oltre a essere un partner fattivo, la sua continua vigilanza assicurerà che il commercio resista alla tentazione ti prendere facili scappatoie. Non è sufficiente che il business si concentri su specifiche possibilità di contrattazione mentre trascura aspetti fondamentali che sono altrettanto influenzati dalle loro operazioni.
Anzi, sarebbe sbagliato permettere ‘contropartite’ che servano ad ignorare altre responsabilità. Spero che la società civile non abbandoni il suo tradizonale ruolo di supervisore".

Nello scrivere questa lettera, i firmatari cercano di adempiere alla responsabilità di agire come supervisore al fine di onorare le aspettative che ha stabilito innanzi. Crediamo che l’azione della UN Global Compact sosterrà e promuoverà la reale accettazione dei suoi principi fondatori. Speriamo insistentemente che l’applicazione di quei principi aiuterà a porre fine alle gravi violazioni dei diritti umani che si verificano in Darfur.

Prego indirizzi eventuali sue risposte a questa lettera a: info@investorsagainstgenocide.org.

Distinti saluti

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sabato, gennaio 10, 2009

Appello per il Darfur: pronta l'applicazione per Facebook

E' quasi completa la nuova applicazione per Facebook, il più importante social network italiano, creata per permettere una rapida circolazione dell'appello per il Darfur. Tra le pagine dell'applicazione è stata inserita anche una pagina informativa sulla crisi in corso.


Attiva anche la funzione FEED oltre che la selezione multipla degli amici (gli inviti possono essere inviati solo a coloro i quali non abbiano ancora aggiunto l'applicazione).
Qualora vi fossero suggerimenti di carattere tecnico non esitate a comunicarceli, grazie.
Vi prego quindi di coinvolgere quanti più amici potete nella speranza di destare un rinnovato interesse nelle drammatiche dinamiche della crisi in Darfur, anche alla luce delle ultime importanti novità, che potete leggere all'interno del nostro blog.


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Riceviamo e pubblichiamo*

Darfur : una questione strumentale ai media o vice versa
I ku ya j'esin
(prima la morte che la perdita di dignità)

si sente dire in Africa a memento che la dignità veicola direttamente il significato del sé.
Mo, ti gun'ke, moti so.. faka, fiki..
(non ha futuro chi non influenza il presente)

si sente cantare in Africa a memento che non si può restare a guardare.

A distanza di quasi 6 anni ( a febbraio scatta il giro di boa) il Sudan continua ad essere devastata dalla più vasta emergenza umanitaria : la crisi nel Darfur.

A distanza di 6 anni, il Darfur è rimasto il luogo della più grande operazione di aiuto umanitario nel mondo, con più di 80 organizzazioni e di 15.000 operatori compreso il personale di 2.000 esponenti di MSF che forniscono assistenza in una regione in cui un terzo della popolazione è stato costretto al nomadismo dal conflitto. Ma nonostante gli sforzi internazionali, centinaia di migliaia di persone restano tagliate fuori dagli aiuti, migliaia sono a rischio di perdita dell'assistenza a seguito di Frontlines instabili, che oscillano su alleanze ballerine tra le fazioni armate, di attacchi mirati anche nei confronti degli operatori umanitari , e anche a causa dell'incremento delle restrizioni da parte del governo alla fornitura di assistenza umanitaria. Undici operatori sono stati uccisi nel Darfur nel 2008 e 189 i rapiti , secondo le Nazioni Unite. MSF è stato anche vittima di attacchi e saccheggi nella regione.

ascolta tu stesso Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati stima che oltre 230.000 persone restano nei campi profughi nel vicino Ciad.

Quella del Darfur è attualmente la più grande emergenza umanitaria al mondo e rappresenta oltre il 70 per cento del bilancio delle attività del WFP in Sudan. WFP fornisce mensilmente cibo a circa 2 milioni di sfollati interni - circa un terzo della popolazione del Darfur .
Durante la stagione delle piogge (maggio-ottobre), il WFP fornisce inoltre prodotti alimentari per le persone più a rischio sia nelle comunità sia nelle aree rurali. Nel corso di questi mesi di picco, le distribuzioni di cibo in Darfur raggiungono più di 3 milioni di persone. Un suppletivo e terapeutico intervento alimentare è fornito a circa 120.000 persone, mentre la mensa scolastica è prevista anche per i circa 360.000 bambini nel Darfur quest'anno.

In questi scampoli d'inizio anno qualcosa si sta muovendo, anche dall'Italia, sul versante delle azioni congiunte ONU- UNAMID.

Sarà la svolta decisiva? E serviranno le numerose iniziative on line di richiesta di firme di petizioni da inviare al neo Presidente Obama?

Il potere che ci circonda ci inabissa.
L'attenzione dei media sul Darfur significa che ognuno conosce il conflitto . Ma negli ultimi quattro anni la situazione non è migliorata. Infatti per la maggior parte delle persone, le cose vanno peggio. Le condizioni di vita degli sfollati nei campi, nelle zone rurali si sono deteriorate, e l'insicurezza è una grande preoccupazione per la gente comune. Persone che vivono sotto il fuoco sempre acceso e vivo della paura. Ogni giorno la sopravvivenza è un punto interrogativo.

Banu Altunbas
Capo della missione di MSF in Sud Darfur

Se si cambia prospettiva, la stessa attenzione dei media verso la questione Darfur dimostra che il conflitto rientra in uno scontro di dimensioni più vaste, quello tra vecchie e nuove potenze economiche mondiali per garantirsi il controllo e l'accaparramento delle ultime risorse petrolifere.

"Genocidio", "crimini di guerra", "crimini contro l'umanità" sono le accuse presentate contro il presidente sudanese Omar Hassan el Beshir per il suo ruolo nel conflitto ma sono solo la punta dell'icerberg della questione che , di fondo, si assesta su un piano internazionale.

E a questo punto viene da chiedersi : è davvero uno scontro tra arabi e africani? . Le differenze tra la popolazione in Darfur sono tribali e non religiose come spesso si dice , per il semplice motivo che si tratta di un popolo quasi completamente musulmano. E la contrapposizione tra arabi e africani, con cui si stigmatizza la situazione nel Paese, non è corretta: gli "arabi" darfuriani sono differenti da quelli che si trovano al potere a Khartoum. Gli "arabi" darfuriani sono, secondo gli antropologi, popolazioni nere nomadi dedite alla pastorizia e di lingua araba, che per secoli hanno diviso in modo più o meno pacifico spazi e terre con le popolazioni "afro" e cioè Fur, Massalit (per citare alcuni gruppi maggiori), dedite all'agricoltura. Gli scontri per la terra non sono stati la una questione caretterizzante la regione : al contrario, le violenze e gli scontri sono stati risolti in base al codice tribale basato sulla pratica dell'indennizzo e così per anni la coesitenza è stata possibile.
Negli anni, però, le due anime del Sudan, quella araba e quella non araba, sono andate distanziandosi sempre di più e all’abbandono politico economico, nel quale Khartoum ha condannato le periferie del Paese, si è aggiunta una nuova presa di coscienza delle popolazioni nere. Tuttavie, non senza l'arguta strumentalizzazione delle rivolte da parte del Governo del Paese, dalle lance si è passati alle armi automatiche, le vittime si sono moltiplicate esponenzialmente e la saggezza mediatrice dei millenari codici tribali è stata sostituita dal fuoco, quello dei proiettili .

E dal febbraio del 2003 è iniziata la lotta tra i figli del Darfur , cuore della fanteria sudanese, e i partigiani darfuriani che poi altro non erano che loro fratelli. Il resto è storia ampiamente diffusa dai media.

I media! Che abbiano strumentalizzato la diffusione della notizia ? Oppure, mi chiedo : i media sono per caso stati strumentali a mirati interventi da parte dei Grandi per l'accaparramento delle risorse petrolifere del Paese nell'esatto momento in cui si prendeva atto, dopo accurate inosservate esplorazioni nelle terre darfuriane, dell'esistenza di tali fonti dal valore economico inestimabile?

Solo a un anno dall’esplosione del conflitto la guerra ha cominciato a suscitare interesse nel mondo (un po' tardi per le vittime di quel funesto anno!). Fino all’estate del 2004, la guerra del Darfur, l’unico ‘vero’ conflitto in corso in quel momento sul continente, sembrava destinata a entrare nella lista dei conflitti dimenticati.
È nell’estate del 2004, con la visita dell’allora segretario di Stato, Colin Powell, in Sudan, che la crisi del Darfur viene scoperta dai media occidentali e improvvisamente trova spazio su tutti i giornali del mondo. Su tutte le principali testate internazionali campeggia il dramma delle popolazioni del Darfur costrette dagli attacchi dei miliziani Janjaweed a lasciare i propri villaggi e le proprie terre per rifugiarsi in giganteschi campi profughi e le prime immagini fanno da catalizzatori sui grandi network televisivi del pianeta.

Fu allora che quella del Darfur, nel tempo che le notizie trasmesse a livello mondiale facessero il giro del globo, venne definita la “più grave crisi umanitaria del pianeta” e alle Nazioni Unite Washington si mette alla testa di una campagna anti-Khartoum. il Congresso degli Stati Uniti definirà “genocidio” la crisi in corso in Darfur.

Come spiegare l’improvvisa attenzione internazionale al Darfur, uscito dalla lista delle guerre dimenticate d’Africa per entrare improvvisamente per bisogno quasi impellente, nelle agende diplomatiche del pianeta?

La risposta secondo molti è da cercarsi nel potenziale petrolifero della zona. Il petrolio sudanese è una scoperta americana: il gigante statunitense Chevron individuò le prime riserve di greggio sudanesi off-shore all’inizio degli ’70 e, dopo la firma degli accordi di Addis Abeba, ottenne le concessioni per le prospezioni a terra da cui emersero gli importanti giacimenti presenti nel centro e nel sud del Paese. Erano dunque pronti i piani per la costruzione di un oleodotto che collegasse i giacimenti al Mar Rosso . Ebbene, dopo aver investito oltre un miliardo di dollari in ricerche e studi, la stessa Chevron blocca nel 1984 le sue operazioni e nel 1989, in concomitanza con l’ascesa di Beshir al potere, comincia una strana marcia indietro, finchè nel 1992 la Compagnia americana abbandonò il Sudan. I cattivi rapporti col nuovo governo che non vedeva l'ora di mettere a frutto i giacimenti e che era deciso ad aprire il mercato ad altri soggetti, visto che la Chevron si era defilata, nonché il contemporaneo conflitto in corso tra Sud e Nord Sudan, spinsero la Chevron a cedere i suoi diritti di prospezione per poco più di 200 milioni di dollari. Tali diritti sulle inesplorate riserve di greggio del più grande Paese africano, passarono di mano in mano prima di finire nel 1994 nel portafoglio di una piccola e poco conosciuta azienda petrolifera canadese e due anni più tardi, nel maggio 1998, hanno inizio i lavori di costruzione del gigantesco oleodotto (più di 1300 chilometri di condutture) che un anno dopo porterà il greggio della zona centro-meridionale sudanese fino a Port Sudan, il porto sul Mar Rosso, costruito in tempo record dagli ingegneri cinesi. Nello stesso anno, le concessioni passano a un'altra ancora meno nota compagnia canadese.
Da allora ben poco è cambiato. I giacimenti di petrolio scoperti in quegli anni e negli anni successivi hanno sempre interessato le zone che ora sono terreno di battaglie.
Alcuni sostengono che nelle carte degli ingegneri americani della Chevron fossero segnati in Darfur giacimenti ancora più importanti di quelli meridionali ma vista la situazione poco serena che si stava delineando nella regione per via dei conflitti interni, la Chevron preferì rimandare a tempi migliori l'operazione. Intanto molti furono gli osservatori che indisturbati vagliavano i terreni alla ricerca dell'oro nero. Si ritiene che negli anni dell’assenza americana, anche i cinesi si fossero accorti delle potenzialità petrolifere della regione occidentale sudanese e che le compagnie orientali sarebbero state disposte a lanciarsi nella scoperta.

Accanto a questa convinzione circola anche quella secondo la quale il Darfur sia una zona di passaggio fondamentale per terminare un altro gigantesco oleodotto che dovrebbe collegare i giacimenti del Sud Sudan con la Costa Atlantica, agganciandosi all’oleodotto che dal sud del Ciad, poche centinaia di chilometri dalla frontiera col Darfur, porta il greggio fino al porto di Kribi, in Camerun. Si comprende che congiungendo i giacimenti meridionali sudanesi con l’oleodotto costruito dalla Banca Mondiale, buona parte del greggio che oggi sgorga a Port Sudan da dove parte per la Cina, potrebbe essere deviato verso occidente fino alle coste dell’Oceano Atlantico.
Resta aperta un'altra questione ben più di fondo : il controllo geopolitico del mondo, di cui l'Africa è al centro, che vede si fronti opposti la superpotenza cinese da cui Bashir, alleato strategico , riceve armi e tecnologie, e gli USA . E a far capolino si affaccia anche la Russia di Putin che trae già benefici dalla produzione interna petrolifera.

Sin qui la prospettiva di chi pensa al rame, al silicio, all'oro nero, ai passaggi commerciali.

Poi vi è l'altra prospettiva : quella dei bambini, di migliaia di occhi neri grandi in cui passa il fuoco della paura, delle donne struprate, dei campi bruciati, degli uomini lacerati nel corpo perla malnutrizione e nell'animo per l'offesa alla dignità, dei morti e di quelli che invece "si salvano" e che piangono perché vedono una arte di sé in chi è stato portato via, di un popolo che resta inerme e che grida, grida nel silenzio e nel toprore del mondo in cui viviamo, il nostro. Un mondo in cui si sentono a pelle i pericoli di una rassegnazione troppo affrettata.

Savedarfur!

[youtube=http://www.youtube.com/watch?v=tknn_Ne2Eds]



Noi abbiamo da imparare da questo popolo: I Kuya j'esin!

Fonti:

WPF, UNAMID, UN, MSF,globalpolicy.org





* Titti Cimmino

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giovedì, gennaio 08, 2009

"Una canzone per il Darfur", anche quest'anno all'Arè rock Festval


Con la speranza che il 2009 sia l'anno della fine delle ostilità in Darfur, anche quest'anno all'Arè rock festival è stata istituita la sezione speciale "Una canzone per il Darfur".

L'iniziativa,che scorso anno ha raccolto numerosi consensi, ha visto la partecipazione di due band, i Garnet(Taurisano,Lecce) e i Chendisei(Bari), che si sono anche esibite in occasione della "Notte Bianca", nel concerto interamente dedicato al Darfur e che ha visto tra l'altro la presenza come ospiti di Andro I.D.(già tastierista dei Negramaro)e Dj Vivaz.

L'obiettivo è far conoscere a più gente possibile ciò che accade nella martoriata regione sudanese, attraverso un mezzo universale quale la musica, e riempire il buco mediatico causato dai media tradizionali.

Infatti, durante le serate anche quest'anno sarà possibile firmare l'appello di Italians for Darfur diretto a Rai, Mediaset e La7 per dare maggiore spazio all'informazione sulla guerra in Darfur.

Per informazioni ed iscrizioni clicca qui

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mercoledì, gennaio 07, 2009

Nuove conferme

Darfur, 2 aerei pronti per missione italiana in ambito Onu
La pianificazione al Comando Operativo Interforze è in corso, si attende via libera

Roma, 7 gen. (Apcom) - Due aerei da trasporto italiani sono pronti a partire per la regione sudanese del Darfur, nell'ambito della missione di pace congiunta Onu-Unione africana (Unamid), approvata dal Consiglio di sicurezza dell'Onu nel luglio 2007 e operativa dal 31 dicembre 2007."La pianificazione al Coi (Comando Operativo di vertice Interforze) è ancora in corso - fanno sapere ad Apcom fonti militari -, sono già pronti a partire due velivoli, un C-27J e un C-130J per il trasporto tattico. Al momento non è ancora stato deciso se la missione italiana comporterà l'impiego di entrambi o di uno solo". Due giorni fa, il portavoce del ministro della Difesa, Luca Salerno, ha fatto sapere che "la partecipazione italiana alla missione internazionale in Darfur è già stata approvata, su proposta del Ministro La Russa, dal governo italiano all'interno del decreto che finanzia le nostre missioni". Quindi ha aggiunto: "Spetta ora agli organismi internazionali dare il via operativo alla missione a cui la nostra Aeronautica Militare è già pronta".Le Nazioni Unite hanno piú volte sollecitato gli Stati membri a fornire le attrezzature logistiche necessarie ai peacekeeper per operare in Darfur, una regione grande quanto la Francia e priva di infrastrutture. Lo stesso Segretario generale dell'Onu, Ban Ki-moon, ha ripetutamente chiesto la disponibilità a inviare soprattutto velivoli da trasporto. E nei giorni scorsi è giunta anche la disponibilità degli Stati Uniti a inviare due C17 per il trasporto di attrezzature all'Unamid.Un portavoce del comando Usa per l'Africa, Vince Crawley, ha precisato all'Herald Tribune che il Pentagono invierà due C-17 per trasportare le attrezzature necessarie all'Unamid, che rimarranno in Darfur solo il tempo necessario per scaricare i velivoli. Crawley ha dichiarato che i due aerei raggiungeranno il Ruanda per caricare 75 tonnellate di veicoli e altre attrezzature pesanti, per poi raggiungere il Darfur nelle prossime due o tre settimane. Il Dipartimento di Stato, invece, affiderà a un contractor il trasporto di 240 container di altre attrezzature, al momento bloccate a Port Sudan.Il conflitto scoppiato nel febbraio del 2003 ha causato almeno 300.000 morti e oltre 2,5 milioni di profughi. Secondo l'Unicef, sono circa 2,3 milioni i bambini colpiti dalla guerra in Darfur.

I nostri sforzi sembra che non siano stati vani... ma aspettiamo che effettivamente questi veivoli arrivino in Darfur prima di cantare vittoria!

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lunedì, gennaio 05, 2009

La Russa ribadisce impegno Italia

Il ministro della Difesa Ignazio La Russa ha annunciato, attraverso il suo portavoce che ha risposto al nostro comunicato, che il Governo ha approvato la sua proposta di inviare mezzi e uomini in Darfur e che si aspetta solo l'ok dagli organi internazionali. Vi allego la replica alla nostra dichiarazione e la controreplica.
A presto.
Antonella


DARFUR: DIFESA, PARTECIPAZIONE GIA' APPROVATA DA GOVERNO =

(AGI) - Roma, 5 dic. - "La partecipazione italiana alla missione internazionale in Darfur e' gia' stata approvata, su proposta del Ministro La Russa, dal Governo Italiano all'interno del decreto che finanzia le nostre missioni". E' quanto precisa il portavoce del ministro della Difesa, Luca Salerno che aggiunge: "Spetta ora agli organismi internazionali dare il via operativo alla missione a cui la nostra Aeronautica Militare e' gia' pronta". (AGI) Vim 051800 GEN 09 NNNN


DARFUR: ONG, BENE LA RUSSA SU IMPEGNO ITALIANO
(V. 'DARFUR: PORTAVOCE LA RUSSA, IMPEGNO...' DELLE 18 CIRCA) (ANSA) - ROMA, 5 GEN - 'Siamo lieti delle conferme che giungono dal ministero della Difesa e ringraziamo il ministro La Russa della sensibilita' dimostrata verso la crisi del Darfur e di aver accolto gli appelli a dare un contributo fattivo alla missione in Darfur rivolti al governo dalla nostra associazione e da molti parlamentari italiani, sia di centrodestra che di centrosinistra'. E' quanto rende noto l'associazione Italians for Darfur.'Restiamo in attesa che gli organismi internazionali - conclude Italians for Darfur - diano l'ok per l'avvio operativo alla missione a cui la nostra Aeronautica Militare e' gia' pronta a partecipare, come reso noto dal portavoce del ministro della Difesa'. (ANSA).COM-NE 05-GEN-09 19:46 NNNN

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Comunicato*


Italians for Darfur: La Russa confermi impegni presi
al rinnovo del decreto sulle missioni all’estero

“Il prossimo rinnovo delle missioni italiane all'estero, in programma alla ripresa dei lavori parlamentari, sia l'occasione per l'Italia di partecipare alla missione di pace Onu in Darfur mettendo a disposizione i velivoli di cui l'Unamid ha urgente bisogno".
L'appello al ministro della Difesa, Ignazio La Russa, arriva dal presidente dell’associazione 'Italians for Darfur', Antonella Napoli, che in una nota sollecita il ministro a mantenere gli impegni presi.
"Ci aspettiamo che il 2009 sia davvero l'anno di svolta per la crisi in Darfur - si legge nel comunicato - se non per il raggiungimento della pace, che appare realisticamente lontano, quantomeno per un'adeguata azione di controllo e sicurezza nella regione affinché la popolazione e i milioni di sfollati e rifugiati siano finalmente protetti".
“Il nuovo anno – ricorda il presidente dell’associazione - è iniziato con l’annuncio del segretario generale dell’Onu Ban ki Moon del potenziamento - approvato dalla Nato alla vigilia di Natale - della missione in Darfur. Peccato che l’Unamid avrebbe dovuto essere dispiegata interamente da almeno due anni. Ad oggi, invece, i militari impiegati nell’attività di peacekeeping nella regione sudanese sono 12374, ovvero il 63% della forza di pace autorizzata dalle Nazioni Unite nel 2006 e che prevedeva il dispiegamento di circa 20mila uomini. Ci fa piacere leggere che Ban Ki Moon si ritenga soddisfatto per "l'intensa cooperazione garantita dal governo del Sudan negli ultimi mesi, che ha permesso di raggiungere questo livello di dispiegamento…", ma noi non riusciamo proprio a trovare nulla di cui essere entusiasti negli ultimi mesi…” “A un anno e mezzo dal via libera della missione di pace – prosegue il comunicato - i peacekeeper sono ancora privi dei 18 elicotteri da trasporto necessari per spostarsi in un’area grande quanto la Francia e priva di infrastrutture. La forza di pace è quindi alla mercé dei miliziani che attaccano spesso i convogli Onu – Ua. Nel 2008 sono stati uccisi dodici soldati in diversi agguati, l’ultima vittima pochi giorni fa aggredita da tre persone che dopo aver ridotto in fin di vita il militare si sono impossessati del veicolo sul quale viaggiava.
“Unica nota positiva – ricorda Napoli - l’annuncio del ministro della Difesa, Ignazio La Russia, il quale ha dichiarato che l'Italia si sta "preparando" a partecipare alla missione, mettendo a disposizione i velivoli di cui l’Unamid ha urgente bisogno. E noi non possiamo che esserne felici visto che allo stesso ministro la nostra associazione aveva rivolto una richiesta in tal senso, supportata da numerosi parlamentari, primo fra tutti l’onorevole Vernetti. L’occasione potrebbe essere il prossimo rinnovo delle missioni italiane all’estero, in programma alla ripresa dei lavori parlamentari”. “Ci aspettiamo che il 2009 sia davvero l’anno di svolta per la crisi in Darfur, – conclude Antonella Napoli - se non per il raggiungimento della pace, che appare realisticamente lontano, quantomeno per una adeguata azione di controllo e di sicurezza nella regione affinché i milioni di rifugiati e le popolazioni che ancora vivono nei propri villaggi siano finalmente protette”.

Roma, 5 gennaio 2009
* E' stato ripreso da tutte le agenzie

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venerdì, gennaio 02, 2009

2008 da dimenticare, non resta che sperare in un 2009 migliore.

Anno orribile per l'Africa, il 2008: Kenia, Congo, Zimbabwe, Somalia, Sudan, sono solo alcuni dei Paesi che sono stati teatro di sciagure umanitarie nell'anno appena trascorso. Eppure ci aggrappiamo alla speranza che il nuovo anno possa essere migliore. Il 29 dicembre, nel Corno d'Africa, regione devastata da una crisi umanitaria paragonabile a quella del Darfur, si è dimesso Abdullahi Yusuf, signore della guerra e presidente, e le truppe etiopi si sono ritirate dalla Somalia.

Poco prima che il 2008 si chiudesse sancendo il fallimento delle aspirazioni di pace in Darfur, con poco più del contingente della missione ONU-UA dispiegato dopo oltre un anno e mezzo dal suo inizio ufficiale e sempre nuove rappresaglie delle forze governative contro ribelli e popolazione civile, il Governo Italiano preannunciava per il 2009 una ripresa dei lavori a livello internazionale che dovrebbe vedere finalmente anche il nostro Paese tra i fornitori di alcuni velivoli da trasporto. Ne hanno riferito ai giornalisti presenti alla conferenza stampa di fine anno il ministro della Difesa Ignazio la Russa e il capo di stato maggiore della Difesa Vincenzo Camporini. La missione, sin dall'inizio in forte crisi causa proprio la mancanza di almeno 18 elicotteri da trasporto fondamentali per il monitoraggio del territorio, "risponde all'esigenza di proteggere le popolazioni locali da una sorta di pulizia etnica che in qualche modo si suppone guidata da poteri politici locali"(APCOM).
Sempre nel 2009 è prevista la chiusura dell' ospedale italiano ad Abeché a supporto della missione EUFOR e dei profughi del Darfur in Ciad, mentre sono stati attribuiti nuovi finanziamenti per l'invio in Darfur di 245 operatori nell'ambito della missione congiunta ONU e Unione Africana. Proprio Italians for Darfur, nei mesi scorsi, aveva promosso iniziative parlamentari atte a incoraggiare simili impegni, come la costituzione di un intergruppo alla Camera sulla crisi in Darfur e l'approvazione di un ordine del giorno relativo proprio all'impiego di elicotteri italiani nella regione sudanese.

Confido in ogni caso anche quest'anno nell'opera dei tanti missionari e dei volontari di tutto il mondo che traducono ogni giorno, quasi sempre lontano dai media, le nostre speranze in atti di quotidiana solidarietà. A loro va tutta la nostra più sincera gratitudine e sinceri auguri.

In alto a destra, una delle tele di Riccardo Paracchini, pittore di Montano (Como): "due angeli che annunciano la Parola".

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