Il blog di Italians for Darfur

martedì, luglio 28, 2009

Boom dell'export italiano in Sudan: +52% nel 2008.

"Gli scontri in atto tra insorti locali e truppe governative nel Darfur, che da circa quattro anni funestano le regioni occidentali del Paese, hanno causato un ingente numero di sfollati. Trattandosi, tuttavia, di aree caratterizzate da estreme povertà e arretratezza, la crisi non ha inciso in modo determinante sull'importante crescita economica registrata dall'economia sudanese negli ultimi anni. Resta fermo, ovviamente, che allorché sarà trovata una soluzione ai problemi del Darfur, obiettivo per il quale la comunità internazionale è fortemente impegnata, le prospettive economiche in Sudan potranno registrare un ulteriore miglioramento."
pdl 2252 (27/2/09)


Secondo il nuovo rapporto ICE del 2008, "dall’analisi dei dati dell’interscambio gennaio-dicembre 2008 [tra Italia e Sudan, ndr] rispetto allo stesso periodo del 2007 si registra una netta crescita delle nostre esportazioni pari al 52% (da 169,9 a 258,2 milioni di euro)".
Abbiamo più volte videnziato nel blog di Italians for Darfur (leggi Bashir a Roma 2007, APS, rapporto ICE 2007) come gli interessi economici tra il nostro Paese e il Sudan siano stati sempre considerevoli.
Simone Aversano, fondatore e animatore del blog "Il fresco profumo di libertà', ci segnala inoltre il progetto di legge n° 2252, assegnato alla III Commissione Affari esteri il 16 marzo 2009, che intende ratificare l' "Accordo tra il Governo della Repubblica italiana ed il Governo della Repubblica del Sudan sulla promozione e reciproca protezione degli investimenti, con Protocollo, fatto a Khartoum il 19 novembre 2005", con l'obiettivo di agevolare e incentivare gli scambi commerciali tra i due Paesi. Viste le finalità, il disegno di legge non fa menzione della portata umanitaria del conflitto in Darfur, limitandosi a valutarne l' impatto sullo sviluppo del Sudan e sulla qualità dei possibili rapporti bilaterali di natura economica Italia-Sudan.

Una scelta in linea con il purismo tecnico del ddl, ma che mette in luce, nella sua disarmante asetticità, la fredda e spietata logica del mercato dinanzi a catastrofi umanitarie come quella del Darfur.


Approfondisci: leggi il rapporto ICE 2008 sul Sudan


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" La giustizia è uno strumento indispensabile alla pace"

Il 17 luglio si è tenuta, nella sede di No Peace Without Justice a Roma, una tavola rotonda sulla Giustizia Penale Internazionale, alla quale ha assistito anche Italians for Darfur.
L'incontro, organizzato in occasione dell'anniversario dello Statuto di Roma della Corte Penale Internazionale, adottato il 17 luglio 1998 ed entrato in vigore il 1 luglio 2002, ha riunito alcuni tra i massimi esponenti politici, giuridici ed accademici sulla giustizia penale internazionale, che hanno discusso in particolare del caso Darfur, per le cui stragi è stato emesso un mandato di arresto internazionale a carico del Presidente sudanese al-Bashir, accusato di crimini di guerra e contro l'umanità.

Presenti, tra i tanti, l'On. Silvana Arbia, Cancelliere Capo della Corte Penale Internazionale, la Sen. Emma Bonino, vice Presidente del Senato, e Flavia Lattanzi, Giudice del Tribunale Penale Internazionale per la ex Jugoslavia.

Il 4 luglio, l’Unione Africana, che comprende ben trenta firmatari dello statuto di Roma del 1998, ha dichiarato di non voler cooperare con la richiesta di arresto per il Presidente del Sudan al-Bashir emessa dalla Corte Penale Internazionale all’inizio del marzo scorso.

L'On. Arbia ha sottolineato che "se le decisioni della Corte non sono eseguite, si mette a repentaglio la validità delle autorità della Corte" (tre giudici). Anche il rinvio di un anno, chiesto dalla Unione Africana, " è un problema ".
La Corte, attiva da 7 anni, considera oggi quattro situazioni:
Uganda (nessun mandato di arresto eseguito), Sudan (nessun mandato di arresto eseguito),
Congo e Repubblica Centrafricana, in cui i mandati di arresto sono stati invece eseguiti.

"Gli Stati cooperano poco, per mancanza di strumenti giuridici- ha detto il Giudice Flavia Lattanzi,-Spero che in Uganda Bashir non ci vada, perchè se ci va è un grosso problema, l'Uganda è un Paese che sta collaborando con la CPI".

In merito all'approvazione del comunicato ufficale dell' Unione Africana Emma Bonino svela alcuni retroscena: "Al Bashir ha fatto campagna straordinaria tra i Paesi dell'Unione Africana. [..] La prima riunione in realtà dedicata a questa ha visto il Sudan piuttosto isolato, ma ne è stata fatta una campagna mediatica opposta, in sostegno della posizione di Bashir. La seconda, al contrario, è stata più tiepida, ma le campagne politiche funzionano". Ha continuato: "Il punto nodale è che se il Consiglio di Sicurezza si assume la responsabilità di rinvio di un anno del mandato di arresto a Bashir, deve essere fatto con criteri espliciti, verificabili, monitorizzabili" e, sottolineando come sia la stessa istituzione della Corte Penale Internazionale ad essere oggi sotto attacco, mentre, anche in Sudan, si cerca di affermare che la giustizia sia antitetica alla pace, conclude "La giustizia internazionale è propedeutica alla pace".

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sabato, luglio 25, 2009

Bombardamenti a Jebel Moon e Umm Dkuhumm

Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, Ban Ki-moon ha fatto sapere di essere profondamente preoccupato per l'inarrestabile ondata di violenze che la settimana scorsa ha colpito l'Ovest del Darfur e per le notizie di incursioni ciadiane oltre il confine con il Darfur: aerei ciadiani avrebbero bombardato un'area nei pressi di Umm Dkuhum, dove si presume vi siano sacche di resistenza al governo di Idriss Deby.

Forze aeree sudanesi avrebbero invece bombardato l'area di Jebel Moon, controllata dai ribelli, nel West Darfur.

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giovedì, luglio 16, 2009

Vita dai campi: Daniel da Nyala

NYALA 16 LUGLIO 2009
"Carissimo Fiorenzo...
Qui il tempo è cambiato e non vuole piovere almeno fino ad ora meta luglio. Il caldo è ancora forte e a stento riesco a rimanere attaccato al compiuter dal gran sudore e mancanza di fiato... Qui siamo sempre alle prese con il lavoro e sopratutto per preparare il
terreno aspettando che mandi un po di pioggia e anche un po di refigerio.
Sono contento perchè le donne sono aumentate e sono contente cosi nulla è cambiato anzi aumentato per il loro bene.
Cosi pure al nuovo centro ma molto limitato per mancanza di spazio e per la roccia che ce sul terreno. Sul nuovo sono riuscito a trovare una famiglia stabile cosi di notte non abbiamo la visita dei ladri come prima perchè si stava durante il giorno e alla sera rimaneva vuota.....
La situazione generale è ottima e moltissimi lasciano il campo e vivono accanto alla loro coltivazione riparati da un telone di plastica per la pioggia se viene. Termino augurandovi ogni bene".
Daniel

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lunedì, luglio 13, 2009

Diplomazia e real-politik: la pronuncia dell’Unione Africana sulla vicenda-Bashir

di Stefano Cera
La decisione, da molti temuta, è arrivata: il 4 luglio, nel corso del vertice svoltosi a Sirte (in Libia), l’Unione Africana (UA) ha dichiarato di non voler cooperare con la richiesta di arresto per il Presidente del Sudan al-Bashir emessa dalla Corte Penale Internazionale (CPI) all’inizio del marzo scorso. Il testo della risoluzione è stato introdotto dal leader libico Gheddafi (Presidente dell’organizzazione degli stati africani) ed è stato approvato, per decisione consensuale, nel corso della riunione dei ministri degli esteri.
Le motivazioni della decisione e le reazioni contrarie
La decisione arriva al termine di un periodo in cui l'UA ha più volte richiesto il differimento dell’iniziativa contro Bashir, attraverso il ricorso all’art. 16 dello Statuto della Corte, che prevede la possibilità, su richiesta del Consiglio di Sicurezza ONU, di sospendere per un anno (rinnovabile) la procedura della CPI. I motivi sono legati alla preoccupazione che la richiesta di arresto possa indebolire gli sforzi per il processo di pace nel Darfur; per questo motivo, secondo il presidente del Ghana
John Atta Mills, la decisione dell’UA rappresenta “il meglio per l’Africa”: “Abbiamo bisogno di una soluzione durevole per il Darfur e il presidente del Sudan è una parte importante della soluzione. Con lui fuori, sarebbe molto difficile raggiungere una soluzione al conflitto nella regione. Per questo abbiamo richiesto il differimento della procedura della Corte”. Nonostante l’approvazione della risoluzione, nel vertice UA si sono registrate parecchie manifestazioni di dissenso; il ministro degli esteri del Benin Jean-Marie Ehozou (Sudan Tribune, 4 luglio 2009) ha commentato: “Consenso di solito significa unanimità, ma in questo caso si è registrato parecchio dissenso alla decisione”, riferendosi soprattutto ai tentativi di opposizione del Botswana e del Chad. Il primo è stato il primo a dissentire pubblicamente dalla decisione dell’organizzazione dei paesi africani (seguito dopo qualche giorno dall’Uganda), sottolineando di non voler osservare una risoluzione imposta da Gheddafi.
Significato della decisione e possibili sviluppi
L’impressione è che la risoluzione sia stata adottata in conseguenza di due forti spinte coincidenti. Innanzitutto le pressioni di Gheddafi affinché si adottasse una decisione favorevole a Bashir: per il leader libico infatti la Corte rappresenta una “nuova forma di terrorismo mondiale” e nei giorni precedenti la richiesta di arresto aveva minacciato di far ritirare tutti gli stati africani firmatari dallo Statuto della Corte, dimostrando poi particolare solerzia sia nell’esprimere solidarietà al presidente sudanese che nel riceverlo in visita dopo la richiesta di arresto. Inoltre, ha avuto un peso considerervole la preoccupazione di molti leader di stati africani che l’iniziativa contro Bashir fosse in realtà solo la prima di una serie di iniziative simili contro di loro.
In sintesi, la decisione dell’UA sembra essere un duro colpo al ruolo di mediazione svolto fino ad oggi dall’organizzazione, che d’ora in poi difficilmente potrà apparire come terzo neutrale, indipendente e imparziale nei colloqui di pace tra il governo e le forze di opposizione. Inoltre, potrebbe costituire un pericoloso precedente, in grado di indebolire la credibilità della stessa Corte; infatti, stabilendo una presunta “negoziabilità dei diritti umani”, metterebbe in secondo piano le responsabilità di Bashir nei confronti delle persecuzioni dei civili, che anzi potrebbero continuare anche grazie al “clima” di impunità creatosi. Infine, potrebbe colpire la credibilità di iniziative “parallele”, come ad es. il panel di esperti presieduto dall'ex presidente sudafricano Thabo Mbeki (promosso dall’UA nel febbraio di quest’anno) che mira a trovare meccanismi giudiziari alternativi alla CPI in grado di garantire in maniera efficace la punizione dei responsabili delle violazioni dei diritti umani in Darfur. Per questo motivo Mbeki, nei giorni precedenti l’incontro di Sirte, avrebbe tentato, senza successo, un’azione per evitare la decisione dell’UA.

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venerdì, luglio 10, 2009

Comunicato su G8

Africa: colpevole silenzio su Corte penale e violazione diritti umani


“Nella giornata in cui al G8 si parla di Africa ci piacerebbe che qualcuno avesse il coraggio di affrontare il tema dei conflitti dimenticati e delle violazioni dei diritti umani che proseguono sistematicamente in molti paesi, Sudan e Libia solo per citarne qualcuno, e perpetrati impunemente sotto lo sguardo impotente della Corte penale Internazionale”.
E’ quanto si legge in una nota del presidente di Italians for Darfur, Antonella Napoli. associazione onlus impegnata nella difesa dei diritti umani e nella sensibilizzazione sulla crisi umanitaria in corso nella regione sudanese.
“Da quando undici anni fa è stato firmato a Roma lo Statuto della Corte Penale Internazionale – prosegue la Napoli – si sono succeduti tragedie e guerre, spesso ignorate per lungo tempo, che testimoniano l’importanza di un Tribunale forte e credibile, in grado di contrapporsi in modo efficace e di poter perseguire coloro che si sono macchiati di gravi crimini contro l’umanità. Alcuni processi si stanno svolgendo e riguardano tutte vicende africane: il Congo, l’Uganda, la Repubblica Centroafricana mentre il procedimento nei confronti del presidente del Sudan Omar al Bashir, nonostante sia stato spiccato un mandato di arresto per i crimini compiuti in Darfur dal 2003 ad oggi, subisce continui attacchi e rallentamenti”.
“Tra gli otto paesi del G8 non sono mancate finora posizioni fortemente critiche nei confronti della Corte – sottolinea il presidente di Italians for Darfur – anzi Russia e Cina hanno spesso boicottato le azioni del Tribunale penale internazionale. L’Italia, invece, pur avendo aderito alla Corte non ha mai adeguato il proprio ordinamento giudiziario allo Statuto di Roma rischiando così di non poter arrestare un criminale che si rifugiasse sul proprio territorio. A tal proposito vogliamo ricordare al ministro Frattini le rassicurazioni che ci ha fatto pervenire nel giorno del cinquantennale della Dichiarazione dei diritti umani affermando che l’Italia a breve avrebbe provveduto a sanare questa mancanza”.
“Avremmo sperato che durante questo G8 – conclude Antonella Napoli - si desse in qualche modo un nuovo slancio all’azione della Corte penale internazionale. Così finora non è stato e il rischio di un arretramento nella difesa dei diritti umani e nel perseguimento di genocidi e di crimini contro l’umanità non è poi così aleatorio”.

Roma, 10 luglio 2009

domenica, luglio 05, 2009

Unione Africana non riconosce il mandato di arresto della CPI contro il dittatore sudanese Bashir

E' arrivato come una doccia fredda il comunicato ufficiale dell'Unione Africana contro la decisione della Corte Penale Internazionale di perseguire il dittatore sudanese Bashir per crimini contro l'umanità.
L'Unione Africana, che comprende trenta firmatari dello statuto di Roma del 1998, ha quindi deciso di parteggiare per Omar Hassan al Bashir, riconosciuto responsabile dei feroci crimini contro la popolazione del Darfur e di permettere allo stesso la libera circolazione in tutto il continente. Il documento è stato firmato a Sirte, in Libia, nell'ultimo summit dei Paesi africani che si è chiuso venerdì scorso, su proposta del leader libico Gheddafi.

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Movimenti ribelli del Darfur si impegnano per unificazione

La frammentazione del fronte ribelle del Darfur resta uno dei principali ostacoli al processo di pace nella regione. Come piu volte auspicato da Italians for Darfur, l'armonizzazione delle richieste dei movimenti armati presenti sul terreno e il coinvolgimento di tutte le parti civili (capi villaggio, religiosi e rappresentanze femminili) del Darfur restano una delle priorità delle organizzazioni internazionali che si adoperano per la risoluzione del conflitto e per porre fine all'immane crisi umanitaria che dura da anni.

Riportiamo il documento, pervenutoci attraverso Suliman Ahmed Hamed, rappresentante dei rifugiati del Darfur in Italia, firmato dai movimenti ribelli riunitisi il 4 luglio scorso:


Proposal to unite armed resistance movements in Darfur


Considering the current political situation in Sudan… Believing that unification of all armed resistance movements in Darfur is the only way to achieve our objectives and demands…In continuation with the efforts exerted before… And on the basis of the responsibilities that has been pledged to our people; we, representatives of the resistance armed movements in Darfur, we believe in the need to realize the following:

unifying all Darfur movements shall be the basis for the realization of political aspirations to our people and realizing all intended objectives;

unifying Darfur resistance movements shall go hand in hand with unifying all constituencies;

taking a unified stand during the course of our struggle, especially on any future initiatives;

call on the international community, the mediators, neighboring countries, and all other peace seeking entities to stay neutral when dealing with Darfur movements, and include all movements in the political peace process;

the mediation must support all efforts aimed to unify the Darfur movements as a prerequisite to ensure the success of the political peace process in the future;

when dealing with the media, all parties must adopt a unified stand and focus:

on the root cause of the Darfur conflict, locally and nationally;

on avoiding provocative statements which may insult the different components of Darfur society;

Media services must be directed to foster the common interest of the Darfur community and give hope for a better future for Darfur,

on the suffering of the IDPs, refugees and other affected persons and collectively seeking support to provide humanitarian assistance to them;

Highlight the failures f government institutions and policy failures of all government since independence.

military coordination and cooperation among all Darfur movements and seek non-military assistance from relief organizations;

make good use of the movements’ foreign relations to support the resistance movements;

cessation of hostilities within different Darfur armed groups and between all parties of the resistance and the

establishment of a mechanism to deal with any future hostilities;

opening and protecting humanitarian corridors and abiding by international humanitarian and human rights laws which protect civilians, IDPs, refugees, and relief organizations

Allocated efforts to support the resistance and collaborate to open channels for shared support

Work to facilitate opening the roads and routes and respect the international human rights law, protect the civilians, the misplaced, the refugees and the humanitarian organizations

Established a mechanism for accountability

We thank Dafur Peace and Development organization, Institute for Conflict Analysis and Resolution at George Mason University, and the Center for Human Rights and Genocide Studies in the University of Siena, Tuscani and we kindly request organizing another meeting in an effort to unify the resistance movement in Darfur.

URF,

URFF,

SLM-Unity,

SLM-AS,

SFDA,

Date: July 4, 2009


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