Il blog di Italians for Darfur

martedì, gennaio 24, 2012

Il Sudan vuole ridimensionare la missione Onu in Darfur*

L'esercito sudanese ferma l'avanzata dei ribelli verso Khartoum a suon di bombe. I gruppi armati del Darfur che da questa estate hanno intensificato le rappresaglie contro il governo del Sudan, in risposta ai raid aerei nello Stato del Sud Kordofan confinante con la regione occidentale del paese e il Sud Sudan, hanno denunciato che negli attacchi sono stati coinvolti numerosi civili.

Il portavoce delle Forze armate ha smentito la notizia precisando all'agenzia Suna che "i militari hanno compiuto negli ultimi giorni una vasta operazione che ha permesso di scacciare i ribelli dall'area sotto il controllo governativo". Nonostante il tentativo di ridimensionare l'azione della ribellione darfuriana, il nervosismo degli esponenti dell'esecutivo guidato da Omar Hassan al Bashir è palese. La tensione crescente non gli ha però impedito di procedere con l'istituzione di due nuovi Stati e la nomina dei rispettivi governatori.

I cambiamenti sono inquadrati nell'ambito dell'attuazione del Documento di Doha per la pace in Darfur (Ddpd) firmato dal governo sudanese e dall'ex gruppo ribelle Movimento di liberazione e giustizia (Ljm), nel tentativo di porre fine agli otto anni di conflitto nella regione. La "raccomandazione" di dividere il territorio occidentale del Sudan in cinque aree distinte era stata avanzata per la prima volta nel 2008, all'avvio del tavolo delle trattative in Qatar che si è concluso con la conferenza internazionale di Doha del luglio 2011 con l'approvazione all'unanimità dell'accordo.

Con il primo decreto Bashir ha sollevato dai propri incarichi i governatori del Darfur meridionale e occidentale, rispettivamente Abdul Hamid Kasha Musa e Al-Sharati Gaffar Abdul Hakam. Con un atto successivo sono stati istituiti gli Stati del Darfur orientale e centrale, affidando a Kasha il governatorato del primo e nominando Yusif Tibin, ex ministro delle Infrastrutture del Sudan, governatore del secondo. Alla guida del Darfur occidentale al posto di Abdul Hakam è stato indicato Haydar Koma, uno dei leader del Jlm di etnia Zagawa.

Unico ad aver mantenuto la propria posizione il governatore del Nord Darfur, Osman Yusif Kibir. Tra le nuove nomine spicca quella di Hamad Ismail Abdul Karim a governatore del Sud Darfur. Karim fino a poche settimane prima era stato uno dei leader del Popular congress party, il più importante partito di opposizione e sostenitore dei movimenti ribelli in Darfur.

I cambiamenti voluti da Khartoum hanno ulteriormente inasprito i contrasti tra le parti in conflitto. A dare voce alle critiche del Movimento di liberazione del Sudan uno dei capi storici della rivolta, Minni Minawi. In un'intervista a Radio Dabanga, Minawi ha confermato "l'impossibilità di negoziare sulla base dell'accordo di Doha" e ha ribadito che "l'Slm e gli altri movimenti uniti sotto la bandiera del Fronte rivoluzionario del Sudan prenderanno in considerazione solo una soluzione complessiva che riguardi tutto il paese e non soltanto il Darfur".

Minawi ha anche chiarito che la fine delle ostilità potrà essere raggiunta solo con la caduta di Bashir e con la formazione di un governo di transizione che traghetti il Sudan verso le elezioni presidenziali. In sostanza, i ribelli non deporranno le armi fino a quando non riusciranno a rovesciare il regime sudanese. In sintesi, le violenze e gli scontri sono destinati a proseguire.

A fronte dell'instabilità in Darfur e negli Stati del Sud Kordofan e del Nilo Azzurro, dove si nega l’autorizzazione agli aiuti umanitari alle popolazioni coinvolte negli scontri, il governo sudanese ha chiesto alle Nazioni Unite il ridimensionamento della missione ibrida di peacekeeping dispiegata nel paese nel 2008.

Il rappresentante sudanese all'Onu, l'ambasciatore Daffa-Alla Elhag Ali Osman, avvalendosi di un rapporto sulla situazione in Darfur ha riferito che gli scontri tra l'esercito governativo e i ribelli si sono interrotti dopo la firma del documento di Doha per la pace in Darfur del 14 luglio 2011. Ha però omesso che solo un gruppo minoritario aveva sottoscritto il "cessate il fuoco".

Daffa-Alla ha sottolineato che "la riduzione della missione più grande mai schierata finora dal Palazzo di vetro permetterà alle Nazioni Unite di risparmiare oltre due miliardi di dollari, risorse economiche che potrebbero essere assegnate ai progetti di sviluppo nella regione".

Autorizzata da una risoluzione votata il 31 luglio 2007, l'Unamid, un contingente composto da caschi blu e militari dell'Unione Africana, doveva dispiegare 26 mila uomini, di cui 25.987 militari. Ma a quattro anni e mezzo sono arrivati in Sudan poco più di 22 mila unità tra militari, polizia e personale civile e le dotazioni non sono mai state adeguate alle esigenze di sicurezza e al mandato della missione di proteggere i civili e facilitare la fornitura di assistenza umanitaria agli sfollati nei campi profughi.

Nell'ultimo anno il Consiglio di sicurezza dell'Onu ha cercato di ampliare il raggio d'azione di Unamid chiedendo un coordinamento con le altre missioni Onu presenti nel paese, ad Abyei e in Sud Sudan. Ma Khartoum si è sempre opposta a qualsiasi estensione delle attività dei caschi blu, arrivando a minacciare di cacciarli dal Darfur.

Sin dall'inizio il Sudan ha imposto forti restrizioni ai movimenti delle pattuglie dei peacekeeper e ha sempre negato l'uso di elicotteri tattici in grado di rendere davvero efficace la loro azione. Ora ne chiede il ridimensionamento: nulla di nuovo sotto il cielo di Khartoum.

* articolo pubblicato su Limes il 23 gennaio 2012