Il blog di Italians for Darfur

mercoledì, ottobre 03, 2007

Darfur, a rischio il dispiegamento della nuova forza di pace

I segnali che arrivano dal Darfur sono ormai inequivocabili. E’ ormai chiaro che sia in atto un disegno per rallentare il più possibile il dispiegamento della forza di interposizione che dovrebbe ampliare l’attuale missione dell’Unione africana, che conta settemila uomini.
A pochi giorni dall'attentato costato la vita a dieci çaschi verdi è la stessa Ua a chiedere che la comunità internazionale velocizzi lo schieramento dei militari Onu.
La situazione appare alquanto nebulosa: da una parte il governo sudanese sostiene che a lanciare l'attacco contro una base dell’Amis nella regione occidentale del Sudan siano stati i ribelli fuoriusciti dal Sudan liberation movement, dall’altra i due principali gruppi di guerriglieri del Darfur negano ogni coinvolgimento di loro uomini nell’agguato.
Il leader del Slm, Abdel Wahid al Nur, ha condannato con forza l'attentato e ha sollecitato un'inchiesta urgente per identificare gli aggressori e consegnarli alla giustizia.
Anche il portavoce del Movimento per la giustizia e
l'uguaglianza (Jem), Ahmed Hussein Adem, ha smentito ogni attività ostile nei confronti delle forze Ua e ha controbattuto accusando Khartoum.
I ribelli affermano che le forze armate del governo, appoggiate dai janjaweed, erano vicine all'area di Haskanita - su tre diversi fronti - nei giorni precedenti e successivi all’attacco.
Ma i militari Ua sopravvissuti hanno puntato il dito contro un gruppo di guerriglieri di cui sarebbero stati identificati diversi componenti.
Il quadro è tutt’altro che definito e il rischio che possa saltare l’insediamento del comando della nuova missione è sempre più alto.
Un duro monito è giunto dal presidente del Senegal, Abdoulaye Wade, il quale ha chiesto un'indagine per appurare se i militari aggrediti sabato scorso fossero adeguatamente armati. Se il responso dell'inchiesta fosse negativo Wade ha già dichiarato che ritirerebbe tutte le forze senegalesi dal paese, nonostante il Senegal abbia già assunto l’impegno di inviare 1.600 uomini in Darfur.
Il contingente Onu-Ua dovrebbe essere composto perlopiù da militari africani, con il sostegno logistico e finanziario delle Nazioni Unite. Se ci fossero defezioni la tenuta della missione potrebbe venir meno.
L'attentato dei giorni scorsi dimostra quanto sia importante che la nuova forza di peacekeeping risulti consistente e bene equipaggiata per avere una speranza di riuscire a garantire la sicurezza della popolazione, oltre che dei militari stessi. E bisogna fare presto. La gente del Darfur non può più aspettare.
Antonella

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