Il blog di Italians for Darfur

domenica, febbraio 10, 2008

Nuovi attacchi in Darfur e il Sudan li rivendica
Almeno 200 i morti dei bombardamenti su tre villaggi della regione

Nel giorno in cui l'Unione europea annuncia di essere pronta a riprendere il dispiegamento della missione di pace in Ciad, sospeso lo scorso 1 febbraio a causa dell'offensiva lanciata dai ribelli nella capitale N'Djamena, l'Alto commissariato Onu per i rifugiati denuncia nuovi attacchi in Darfur che hanno spinto alla fuga 12mila civili che hanno cercato rifugio nella regione ciadiana di Birak.
La gravità di questa ultima offensiva dei janjaweed è amplificata dalla rivendicazione del governo sudanese – che fiancheggia le milizie arabe - di aver bombardato Sirba, Seleia e Abu Suruj per colpire i ribelli del Movimento di giustizia ed uguaglianza (Jem). Ma questi ultimi non hanno mai avuto basi nelle tre località attaccate.
L'Onu ha fornito le prime cifre degli attacchi: almeno 200 morti e 300 feriti. Per il Jem, invece, le vittime sarebbero 350.
“Le tre località prese di mira da Khartoum tra venerdí e sabato – afferma un portavoce dei ribelli – era diretto a colpire i civili. Inoltre i miliziani hanno fatto razzie ad Abu Surug, a 45 chilometri a nord della capitale provinciale di al Geneina. Il principale mercato è stato saccheggiato e tutte le abitazioni sono state distrutte, causando la morte di 200 civili, tra cui donne e bambini”. Anche l'Onu ha parlato di città ‘rasa al suolo.
Il Jem ha fornito altri particolari sull'azione compiuta con bombardieri Antonov, due elicotteri da combattimento e l'intervento di 300 miliziani janjaweed. A Seleia, 70 chilometri a est di al Geneina, la città è stata data alle fiamme e 70 persone sono state uccise senza che opponessero resistenza. A Sirba, 40 chilometri a nord di al Geneina, altre 60 vittime, mentre 25 corpi carbonizzati sono stati rinvenuti alcune ore dopo l'attacco poco lontano.
L’UNCHR ha rilevato che da questi luoghi sono fuggiti 12mila darfuriani che hanno cercato rifugio nella regione di Birak, nel sud-est del Ciad.
Ma sembra che l’esodo non sia ancora finito. Il portavoce dell'Alto commissariato Onu per i rifugiati (Unhcr), Helene Caux ha riferito di migliaia di persone, che hanno visto distrutti i loro villaggi, in cammino verso il paese confinante.
Le vittime dei bombardamenti lanciati in questi giorni dell'esercito di Khartoum e degli attacchi messi a segno dalle milizie arabe dei Janjaweed sono solo le ultime di una lunga serie.
Le stime delle Nazioni Unite parlano di almeno 200mila morti e 2 milioni e mezzo di sfollati in cinque anni - dal 26 febbraio 2003 - di guerra. In Ciad si contano altri 240mila profughi.
Nonostante lo scorso 31 dicembre, l'Onu abbia assunto il comando della forza di pace nella regione (Unamid), subentrando a quella coordinata fin dal 2004 dall'Unione africana, rivelatasi insufficiente per mancanza di mezzi e finanziamenti, la situazione è ben lontana dall’essere sotto controllo. La missione Onu prevede il dispiegamento di 26.000 peacekeeper, ma al momento sono presenti solo 9.000 uomini, di cui 7mila facevano già parte del precedente contingente guidato dall’Ua che avrebbe dovuto assicurare, almeno sulla carta, il ‘controllo’ dell’area in conflitto. Cosa che, ovviamente, non sono riusciti a garantire.
E’ ormai chiaro che la forza di interposizione autorizzata dalla risoluzione approvata all'unanimità dal Palazzo di Vetro lo scorso agosto, sia poco più di una parodia, una farsa mediatica che ha visto i caschi verdi dell’Ua indossare quelli blu dell’Onu.
Per denunciare questa paradossale situazione e ‘illuminare’ la tragedia del Darfur il 24 febbraio, a cinque anni dall’inizio della guerra, Articolo 21 e Italians for Darfur hanno promosso una giornata della memoria che ha raccolto l’adesione di numerose associazioni e artisti.
Il 24 febbraio, all’Auditoruim ‘Parco della musica’ tutti insieme per non dimenticare, per dire basta alla guerra in Darfur.
Antonella

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