Il blog di Italians for Darfur

venerdì, aprile 23, 2010

Nuovi venti di guerra soffiano sul Darfur

TRUPPE DI KHARTOUM SI PREPARANO AD ATTACCARE
COMMISSIONE RINVIA ANNUNCIO RISULTATI VOTO

Sviluppi politici con tensioni di intensita' e durata non ancora chiare stanno caratterizzando la fase successiva alle prime elezioni multipartitiche tenutesi in Sudan dal 1986, dopo la proclamazione della vittoria del presidente uscente Omar Al Bashir, con il 90% circa dichiarato dei consensi.
Mentre ancora non ci sono dati sulle spoglio delle schede per le legislative e per gli Stati federati. Nonostante il giudizio sostanzialmente positivo di osservatori stranieri, come l'americano Jimmy Carter e il suo team, altri sostengono che le consultazioni siano state organizzate dal regime per consolidarsi e per proteggere lo stesso Bashir dal rischio di una condanna internazionale per crimini di guerra e contro l'umanita'. Sono le accuse che la Corte Penale Internazionale (Cpi) ha formulato contro di lui nel febbraio 2009 per la sanguinosa guerra civile in corso in Darfur dal febbraio 2003.
Un accordo per una gestione congiunta e senza scosse della situazione politica in Sudan fino al referendum di autodeterminazione del Sud, previsto nel 2011 in base all' accordo globale di pace (Cpa) firmato nel 2005, e' stato annunciato dal primo vicepresidente sudanese, Ali Osman Taha, dopo un suo imprevisto viaggio proprio nel Sud, a Juba, e un altrettanto inaspettato colloquio con il vicepresidente responsabile dell'area, l'ex capo ribelle Salva Kiir Mayardit.
Ma non ci sono ancora garanzie reali che questo accordo assicuri la stabilita' desiderata.
Dopo la comunicazione dell'intesa, alcune formazioni di opposizione hanno subito dichiarato di non essere d'accordo sui risultati proclamati dalla Commissione Elettorale Nazionale (Nec), chiedendo che le elezioni siano annullate e ripetute, oppure contestandone i dati. Al punto che Osman Mirghani, capo del consistente partito dei Democratici Unionisti (DdUP), ha
subito fatto dichiarazioni polemiche ed e' partito con i suoi figli per il Cairo e, come destinazione finale, l'Arabia Saudita, per il piccolo pellegrinaggio islamico (Omra). La sua protesta ha particolare significato politico perche' Mirghani e' anche capo della potente setta religiosa Khatmyyah, che ha moltissimi seguaci, sia nel centro che nell'est del Paese.
''L'unica strada per un accordo politico globale - ha sostenuto con toni molto vivaci durante una tesa conferenza stampa in aeroporto - e' quella di rifare le elezioni a tutti i livelli'', cioe' quelle presidenziali, quelle per il parlamento nazionale e per i parlamenti dei singoli stati federali, quelle delle rappresentanze femminili nei parlamenti e quelle dei governatori.
Un'altra polemica si e' sviluppata a proposito del candidato governatore dello stato del Blue Nile, dove il capo del partito degli ex ribelli sudisti, il Movimento per la Liberazione del Popolo Sudanese (Splm), Malik Agar, ha reso noto che la commissione elettorale lo ha dato vincente con 107.000 voti rispetto al candidato del partito del presidente Bashir (97.000). ''Gli stati del Blue Nile e del Kordofan con la nostra vittoria rappresentano una linea rossa non valicabile'', ha tuonato il vicepresidente del partito, Yassir Arman, nello stesso momento in cui il suo capo, Salva Kiir, usciva dall' incontro d'intesa con il vicepresidente, Ali Osman Taha.
Per dirimere la contesa nel Blue Nile, una delegazione della Commissione Elettorale Nazionale si e' precipitata nella capitale di quello stato, Ed Damazine, ed ha avuto un incontro di mediazione con i componenti della commissione elettorale locale. E le tensioni, sempre più alte, rischiano di trasformarsi in un nuovo e più intenso conflitto. Non a caso, malgrado l'accordo di pace, le truppe del Sudan sarebbero pronte a sferrare un attacco nella regione del Darfur. Almeno questo è quanto ha detto all'AFP un portavoce del gruppo ribelle Movimento per la giustizia e l'uguaglianza, sostenendo che i carri armati e le truppe governative si stanno gia' muovendo verso le roccaforti dei ribelli. Il governo di Karthoum aveva firmato a Doha lo scorso febbraio una bozza di accordo di pace con il Movimento che era stata salutata dalla comunita' internazionale come un significativo passo avanti per la sicurezza nel Darfur dopo sette anni di guerra. Ma i successivi colloqui non ha prodotto gli effetti sperati e la data del 15 marzo, nella quale si sarebbero dovute siglare nuove intese, e' passata senza che si arrivasse ad un accordo.
I ribelli avevano anche chiesto un rinvio delle prime elezioni multipartitiche in Sudan, che si sono tenute dall'11 al 15 aprile scorsi e i cui risultati ufficiali non sono ancora noti.
Il Darfur, regione desertica del Sudan grande come la Francia, e' martoriata da una guerra civile che dura ormai dal 2003 e che secondo i dati dell'Onu ha causato 300 mila
morti ed oltre 2,7 milioni di sfollati.