Il blog di Italians for Darfur

martedì, agosto 03, 2010

Onu rinnova missione ma rischio caos in vista referendum

Nostro rapporto sull’inadeguatezza dei preparativi al voto in Sudan

“Apprendiamo con soddisfazione del rinnovo della missione di pace ibrida Nazioni Unite – Unione africana in Darfur, prorogata di un altro anno all’unanimità dal Consiglio di sicurezza dell’Onu ma denunciamo che il Sudan, in vista del referendum sull’indipendenza del Sud Sudan, è drammaticamente impreparato e il rischio di caos e incidenti è più pressante che mai”.
E’ quanto si legge in un rapporto pubblicato oggi da “Italians for Darfur” e altre 25 organizzazioni umanitarie e associazioni per i diritti umani aderenti alla coalizione internazionale “Sudan 365”.
Gli attivisti, dall’Africa al Medio Oriente e dall’Europa agli Stati Uniti, chiedono un'azione urgente per scongiurare irregolarità e violenze in occasione del voto che potrebbe determinare la separazione definitiva tra Nord e Sud Sudan.
L’appello è diretto ai paesi garanti del Comprehensive Peace Agreement, tra cui l’Italia, che nel 2005 sancì la fine della ultra ventennale guerra civile in Sudan.
“Il dossier “Renewing the Pledge: Re-Engaging the Guarantors to the Sudanese Comprehensive Peace Agreement” – sottolinea Italians for Darfur - ricorda che le lancette corrono velocemente verso quello che potrebbe essere il più importante appuntamento nella storia moderna del più grande Stato africano. In contemporanea al referendum sull'indipendenza del Sud, anche Abyei – area attualmente sotto il controllo di Khartoum in cui sono situati i più grandi giacimenti di petrolio del Paese – sarà chiamata a decidere se unirsi o meno al Sud Sudan”.
“Mentre il tempo scorre inesorabile – afferma Antonella Napoli, presidente di Italians for Darfur - nel Sud, come in Darfur, gli episodi di violenza si sono intensificati e nel Nord e nella capitale i diritti umani continuano a essere violati. Attraverso questo rapporto denunciamo che, negli anni passati, l’attenzione internazionale si sia concentrata sul Sudan meridionale, rinnegando la più importante lezione degli anni passati: che i conflitti multilaterali vanno affrontati globalmente. La concentrazione sul Sud Sudan è andata a scapito di altre importanti problematiche, come la mancata trasformazione democratica del Paese, il conflitto irrisolto del Darfur e di altre regioni emarginate del Nord e dell’Est del Sudan. Per non parlare dei punti del trattato esclusi dal CPA, come la suddivisione dei proventi del greggio e la determinazione dei confini che erano stati negoziati dopo la firma dell’accordo nel 2005 e ad oggi non ancora definiti. Il rischio è che le questioni non risolte, a meno di un anno dalla scadenza del termine dell’accordo di pace, possano scatenare nuovi conflitti. Soprattutto se il risultato del referendum porterà alla separazione di Juba da Khartoum”.
Attraverso il dossier, la coalizione promotrice dell’iniziativa chiede al governo del Paese di assicurare che tutti i cittadini sudanesi, nel Nord come nel Sud, siano protetti prima e dopo il referendum.
Il rapporto contiene anche una serie di raccomandazioni ai garanti del CPA (Intergovernmental Authority on Development (IGAD), Unione Africana, Unione Europea, Lega Araba, Nazioni Unite, Egitto, Italia, Olanda, Norvegia, Regno Unito e Stati Uniti) affinché assicurino che il referendum sia libero ed equo. In particolare si chiede di sfruttare il prossimo Forum Consultivo, che si tiene in questi giorni a Khartoum, per concordare una intensificazione degli sforzi nazionali e internazionali per porre le basi di un pacifico, credibile e puntuale processo referendario.
Inoltre gli analisti del dossier sostengono si debba assicurare che ad Abyei, nella regione del Blue Nile, e in Kordofan, nei prossimi sei mesi si dia corso a preparativi adeguati per il referendum e si persuada il National Congress Party of Sudan (NCP) e il Sudan People’s Liberation Movement (SPLM) a impegnarsi pubblicamente affinché il rispetto dei diritti alla libertà di movimento, di soggiorno e di proprietà attualmente garantiti a tutti i cittadini sudanesi rimanga tale indipendentemente dal risultato delle votazioni.
Ultima ma non meno importante richiesta è la dichiarazione inequivocabile e pubblica che gli standard internazionali dei diritti umani siano rispettati nel Nord come nel Sud e, infine, che i Garanti rispettino il loro impegno di sostenere la trasformazione democratica del Sudan.

Roma, 31 luglio 2010