Cambio di guardia ai vertici del Consiglio militare, ma manifestanti restano in piazza: no a un altro regime
Nuovo colpo di scena in Sudan. Il capo del Consiglio militare transitorio, l’ex ministro della Difesa Ahmed Awad Ibn Auf, ha annunciato in serata le sue dimissioni, a poco più di 24 ore dalla sua designazione.
Legato agli islamisti, Auf deve rispondere dell’accusa di essere stato il collegamento fra il passato governo e le milizie Jajaweed, i cosiddetti “diavoli a cavallo” responsabili delle atrocità perpetrate in Darfur, regione occidentale sudanese insanguinata da un conflitto iniziato nel 2003 che ha causato oltre 300 mila vittime e 2 milioni e mezzo di sfollati..
“Annuncio le mie dimissioni e la scelta di affidare l’incarico ad Abdul Fatah al Burhan, nominato nuovo capo del Consiglio militare di transizione” ha detto Auf in un discorso trasmesso dalla televisione governativa. Luogotenente generale, Burhan sembra avere un curriculum più ‘pulito’ rispetto al predecessore e agli altri ufficiali delle forze armate, non essendo stato coinolto in crimini di guerra né in mandati della Corte penale internazionale.
L’opposizione e l’Associazione dei professionisti sudanesi avevano dichiarato di non riconoscere l’ex ministro alla Difesa quale nuova guida del Paese e aveva annunciato di voler proseguire le proteste nonostante il rovesciamento del presidente Omar al Bashir.
Neanche le rassicurazioni del generale Zinel Abdine, vicino ai leader delle rivolte, il quale aveva affermato che l’azione dell’esercito non era un colpo di stato militare “ma una decisione a favore della gente alla quale seguirà un dialogo con i partiti politici per discutere su come gestire il Sudan” avevano convinto i manifestanti a lasciare le piazze.
Ma se le dichiarazioni dell’alto ufficiale fossero confermate dal neo presidente potrebbe essere possibile la nascita di un governo civile senza la presenza di militari. Ciò che chiede a gran voce il popolo sudanese.
Intanto a New York si è riunito il Consiglio di sicurezza dell’Onu che ha tenuto un incontro di emergenza sul Sudan conclusosi dopo un’ora di colloqui a porte chiuse e senza una dichiarazione finale.
Secondo fonti di Focus on Africa al Palazzo di vetro , la Russia, la Cina, il Sudafrica, la Guinea equatoriale e, in misura minore, l’Indonesia si sono opposti a un testo congiunto del Consiglio di sicurezza. La riunione era stata chiesta dagli Stati Uniti e dai cinque membri europei del Consiglio di sicurezza: Francia, Regno Unito, Germania, Polonia e Belgio. Ma è evidente che l’incontro non sia andato a buon fine. La politica dei veti contrapposti continua.
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