Il blog di Italians for Darfur

sabato, settembre 28, 2013

La violenta repressione di Khartoum non fermerà la voce della democrazia e della libertà del popolo sudanese



Il governo sudanese cala la maschera e mostra il suo volto più feroce per reprimere la nuova ondata di proteste contro i rincari del carburante. Per l’opposizione le vittime sarebbero 140, per Amnesty International 50, per Khartoum 30… A parte il balletto delle cifre una cosa è certa: il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Nonostante la mano dura del governo contro i manifestanti, i gruppi universitari e gli esponenti dei partiti politici antagonisti del National congress party (il partito del presidente Omar Hassan al-Bashir) che hanno animato la rivolta non hanno intenzione di demordere.
Dopo la manifestazioni dei giorni scorsi i sudanesi dissidenti, stanchi del regime, stanno pianificando una nuova protesta antigovernativa nel centro della capitale.
E l’allarme delle organizzazioni per i diritti umani, tra cui la nostra – da sempre partner di Amnesty International e Human Right Watch nella campagna per il Sudan – cresce. L'uso della forza arbitraria e illegale nei confronti dei manifestanti che da giorni protestano contro il taglio dei sussidi alla benzina potrebbe essere ancora più dura.
Sotto accusa, tanto per cambiare, gli spietati servizi nazionali di sicurezza e d'intelligence del Sudan (Niss) che usano di prassi il pugno di ferro nei confronti di oppositori politici e attivisti, a cui non vengono risparmiati maltrattamenti di ogni genere e torture.
La situazione è precipitata tra il 24 e il 25 settembre a seguito dell'annuncio della sospensione dei sussidi per il carburante alla popolazione locale. Il prezzo del carburante è più che raddoppiato. In migliaia si sono riversati in piazza e nelle strade in tutto il paese, da Khartoum a Omdurman, da Port Sudan a Wad Madani, fino al Sud Darfur, Nyala e molti altri centri urbani dove sono stati assaltati stazioni di polizia, edifici governativi e molti distributori di benzina.
In soli due giorni sarebbero state uccise oltre cinquanta persone, colpite da armi da fuoco alla testa e al petto. Ma per opposizione e attivisti locali i morti sarebbero oltre 140.
Il Centro africano di studi sulla giustizia e la pace denuncia che solo a Omdurman sono arrivati all'obitorio 36 cadaveri, che i feriti in ospedale sono centinaia e gli interventi di urgenza eseguiti in 24 ore sono stati una quarantina.
Le vittime maggiori, ancora una volta, giovani e giovanissimi tra i 19 e i 26 anni.

Nonostante il governo abbia bloccato la rete internet per giorni e abbia intimato ai quotidiani di Khartoum di pubblicare solo notizie ‘autorizzate’ da fonti ufficiali, l’eco di quanto stia avvenendo nel Paese si sta amplificando sempre di più. 

E come nel 2011, quando incoraggiati dalla Primavera araba nei paesi del  Mediterraneo e mediorientali diedero vita a una grande manifestazione nella Capitale,  i ragazzi sudanesi si sono affidati al web sia su Facebook sia su Twitter e in migliaia aderiscono e supportano la rivolta diffondendola il più possibile. 
Anche questa volta dalla pagina ufficiale dei manifestanti, il cui slogan tradotto dall’arabo è “gioventù per il cambiamento in Sudan”, partono gli appelli alla disobbedienza civile e a manifestare contro il governo. Sui telefonini sudanesi circola un messaggio che fissa appuntamenti in vari quartieri di Khartoum e non ci saranno divieti di attività politica e restrizioni della libera espressione e di associazione, nonché il rischio di arresti, detenzioni arbitrarie, maltrattamenti e torture, che potranno fermare questa nuova ondata di proteste.

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