Il blog di Italians for Darfur

domenica, luglio 22, 2007

Un piano per il Darfur

Pubblichiamo una traduzione ampia ma non integrale dell'intervento tenuto il 21 giugno da Andrew Stroehlein, Media Director di International Crisis Group e blogger, alla Commissione esteri della Camera dei Deputati. L'audio dell'incontro è qui [L.S.]

La crisi del Dafur non è solo un’agonia sul territorio, ma sta diventando anche una crisi della volontà internazionale.

Dopo più di quattro anni dall’esplosione del conflitto darfuriano, la situazione nel Sudan occidentale resta difficile. Nonostante a parole siano bendisposti ad un accordo di pace, il governo e le fazioni ribelli s’impegnano nella soluzione militare. La dimensione della crisi quasi sorpassa la nostra capacità di descriverla (…): la zona del disastro si sta espandendo ai confinanti Chad e Repubblica Centroafricana. (…)
Una delle principali ragioni del fallimento degli sforzi internazionali è stata la mancanza d’un comune approccio e strategia. Gli Stati Uniti chiedono pressione sul Sudan, mentre la Cina, che lì ha interessi economici e petroliferi, difende quel governo. Recentemente la Cina ha nominato Liu Guijin inviato speciale in Darfur, mostrando verso il Darfur interesse in un impegno politico che è tutto da verificare.
Khartoum usa le divisioni internazionali per allontanare la pressione. La recente promessa di accettare una forza di pace ibrida, africana e delle Nazioni unite, va trattata con profondo scetticismo: non hanno accettato null’altro che non avessero già accettato nel 2006.

Crisis Group ritiene che la comunità internazionale dovrebbe concordare un approccio in Sudan con tre obiettivi:
1) rendere prioritario il processo politico in Darfur;
2) rifocalizzare l’attenzione sull’accordo di pace del 2005;
3) attivare sanzioni punitive.


1) Rendere prioritario il processo politico in Darfur


Nel maggio 2006 fu firmato il DPA, Darfur Peace Agreement, in Abuja. I ribelli dello SLA si sono frammentati in numerose nuove fazioni dopo che il Segretario generale SLA, Minna Minawi, ha firmato l’accordo rifiutato dal Presidente SLA Abdel Wahid el Nur.
Il partito al governo, NCP (National Congress Party) continua a perseguire una strategia di tipo “divide et impera”, frammentando i ribelli corrompendo comandanti, armando selettivamente singole etnie o imponendo leadership tribali all’interno di più ampi gruppi di ribelli.
Crediamo sia necessario agire sui seguenti punti:
- unificare i movimenti dei ribelli; (…)
- ampliare la partecipazione a trattative future; (…)
- rinforzare la struttura dei negoziati. (…)
Considerando la complessità della situazione e l’elevato numero di attori già sulla scena, raccomandiamo la creazione di un limitato gruppo internazionale di mediazione, comprendente Cina, Nazioni Unite, Francia, Norvegia, Lega Araba, Chad e Eritrea.


2) Rifocalizzare l’attenzione sull’accordo di pace del 2005

Il Compehensive Peace Agreement (CPA) del gennaio 2005 ha messo fine 21 guerre civili in cui oltre 2 milioni di persone sono morte e oltre 4 milioni sfollate. Ha segnato una grande vittoria della diplomazia locale ed internazionale. Tuttavia, dopo meno di 30 mesi è in difficoltà e la comunità internazionale si è pericolosamente disimpegnata.
Il CPA è fondamentale per la pace tra nord e sud (…): a differenza del DPA è già inglobato nella Costituzione e comprende ampie riforme del governo, fin ad un processo di democratizzazione culminante nelle elezioni nazionali del 2009.
Se completamente implementato, il CPA (…) si farebbe carico delle rimostranze dei sudanesi in Darfur, Sudan dell’est, Sudan del sud, Kordofan e nel nord.
Queste riforme porterebbero ad una giusta rappresentanza di tutti questi popoli nelle istituzioni del governo nazionale, nella trasparenza fiscale e finanziaria nei trasferimenti dal governo centrale verso le singole aree. Tuttavia queste ed altre misure sono sistematicamente ignorate o manipolate dall’NCP.

Inoltre la mancata implementazione del CPA manda ai darfuriani il segnale di non fidarsi di questo governo. (…)
La Comunità internazionale deve urgentemente reimpegnarsi sul CPA.


3) Attivare sanzioni punitive

I quattro anni finora passati hanno dimostrato molto chiaramente la necessità di reale pressione sulle parti, principalmente sul governo guidato dall’NCP, perché renda conto del suo impegno nel CPA e in Darfur. Nonostante la promessa di disarmare gli alleati janjaweed o di arrestare i bombardamenti aerei in Darfur, Khartoum ha continuato a perseguire la stessa esatta politica, con ben piccolo ascolto della comunità internazionale.

Khartoum deve essere messa davanti ad un costo reale delle continue violazioni dei suoi ripetuti impegni e alla continuazione di una strategia militare. Se forte e credibile, le corrette misure punitive possono grandemente influenzare l’NCP. L’estensione delle sanzioni degli USA, recentemente annunciata, è troppo unilaterale per ottenere l’effetto desiderato. Deve agire anche l’Unione europea.

L’UE deve imporre divieti d’ingresso e bloccare le proprietà di tutti gli individui nominati nei report della Commissione d’inchiesta e del Gruppo di esperti degli USA. I ministri degli esteri che s’incontrano al Gaerc (General Affairs and External Relations Council) in luglio dovrebbero considerare misure sui flussi di denaro provenienti dal settore petrolifero sudanese e da investimenti esteri, così come forniture di beni o servizi a questi settori e a quelli associati.
Dovrebbero inoltre autorizzare un’indagine giudiziaria dei conti offshore collegati ad attività sudanesi e l’NCP di Khartoum, come premessa per sanzioni alle entità commerciali del regime – la principale modalità di finanziamento delle locali milizie Janjaweed che hanno fatto così tanti danni in Darfur.

(…)

Oltre a ciò che può essere fatto al livello europeo, l’Italia ha una particolare responsabilità in Darfur, in quanto quest’anno è stata presidente del Comitato per le Sanzioni al Sudan delle Nazioni Unite. Nei due anni della sua esistenza, questo comitato non è riuscito a fare alcuna pressione sulle parti in conflitto. Nonostante la gran mole di prove a disposizione, i membri del Comitato non sono riusciti a trovare accordo neanche su quattro individui sui quali attivare sanzioni.

L’Italia ha assunto la presidenza della commissione cinque mesi fa e dovrebbe usare questa importante posizione per aumentare la rilevanza del lavoro del comitato. E’ particolarmente importante alla luce dell’inazione sulle violazioni dell’embargo delle armi in Darfur e di altri passi verso la pace, da parte del governo e dei ribelli.
Per esempio il presidente potrebbe fare una visita di alto livello in Darfur per sottolineare le preoccupazioni internazionali. Potrebbe anche invitare a parlare Antonio Cassese, capo della commissione d’indagine per il Darfur nel 2005 ed anche altri.
Potrebbe usare il mandato della commissione, che prevede un report al Segretario Generale delle NU “almeno ogni 90 giorni” per mettere pressione e sostenere la volontà politica verso azioni serie.


Conclusioni: servono metriche di valutazione

Senza una reale pressione per punirne il mancato rispetto il CPA continuerà a restare nell’ombra, la guerra probabilmente continuerà in Darfur e probabilmente tornerà ad estendersi all’intero Sudan.

(…) Oltre agli sforzi già in corso, bisogna cercare di porre future misure punitive direttamente nella strategia. L'’E dovrebbe impegnarsi con i principali attori in Sudan; UN e AU, Cina, Malesia, India, Russia, US e stati della Lega Araba e dell’Africa, dovrebbero sviluppare una lista comune di attività misurabili su CPA e Dafur a scadenza 3, 6, 12 e 24 mesi.
L’accordo per ciascuna delle azioni da richiedere (…) dovrebbe essere completo di ciò che accadrà se l’impegno non verrà rispettato.

(…) Il crescente desiderio della Cina d’impegnarsi con Khartoum sul Darfur crea un’opportunità per questo tipo di discussione, sebbene sfortunatamente Pechino non sarà presente al meeting sul Darfur che si svolgerà a Parigi la prossima settimana.

(…) Il mondo deve cambiare il suo approccio al Darfur (…). Maggior cooperazione internazionale sul Sudan è il più breve percorso per raggiungere l’obiettivo.

Etichette: , , , ,