Il blog di Italians for Darfur

venerdì, aprile 17, 2009

Genocidio o crimini di guerra e contro l’umanità?

E' sempre vivo il dibattito internazionale sul genocidio nel Darfur. A tal fine ospitiamo un commento di Flavia Piccari, neo-laureata in Scienze Politiche (Facoltà Roma Tre) con la tesi dal titolo "Identità, violenza e genocidio" (Nota di Stefano Cera).

Uno dei punti essenziali per comprendere se in Darfur è in atto un genocidio è verificare l’intenzione di compierlo, o dolus specialis, poiché ciò che succede sul terreno da solo non costituisce una prova sufficiente: il valore discriminante è la volontà di chi compie il crimine.
A questo proposito, nel 2004 la risoluzione 1564 del Consiglio di Sicurezza Onu ha istituito la Commissione incaricata di investigare le violazioni dei diritti umani e l’accertamento dell’eventuale genocidio (ICID), presieduta dall’italiano Antonio Cassese e composta da altri quattro qualificati esperti internazionali: l’egiziano Mohammed Fayek, il pakistano Hina Dilani, il sudafricano Dumisa Ntsebeza e il danese Therese Striggner-Scott. La Commissione termina il suo lavoro nel Gennaio 2005 riconoscendo che il Governo sudanese non ha perseguito una politica di genocidio nella regione, essendo assente dunque “l’elemento cruciale”, ovvero l’intenzione di compierlo. Dichiarazioni analoghe sono state effettuate anche dall’Unione Africana e dall’ex Segretario Generale ONU, Kofi Annan, che nel Giugno 2004 dichiara che non si può parlare di genocidio, sebbene ci siano state massicce violazioni del diritto internazionale umanitario. La Commissione ha compilato una lista di 51 persone da sottoporre ad inchiesta per atti criminali: 10 elementi di rilievo del governo centrale, 17 funzionari del governo locale, 14 membri delle milizie dei janjaweed, 3 ufficiali di eserciti stranieri e infine 7 comandanti delle forze ribelli. Inoltre, nel rapporto sono state presentate due importanti raccomandazioni che, cosi come le conclusioni del verdetto, non sono piaciute a molti: incaricare il Tribunale Penale Internazionale dell’Aja di perseguire i presunti colpevoli e creare una commissione per il risarcimento delle vittime. Gli USA avrebbero voluto una condanna più decisa e per questo hanno fatto pressioni per l’incriminazione delle autorità sudanesi, ma non davanti a quella Corte Penale Internazionale che non hanno mai riconosciuto. Una delle proposte dell’ex Presidente americano Bush è stata quella di ampliare le competenze del Tribunale Penale per il Ruanda. Cina e Russia, due paesi permanenti del Consiglio di sicurezza ONU che intrattengono ottimi rapporti commerciali con il Sudan, hanno voluto evitare problemi al Governo di Khartoum, soprattutto ora che l’accusa di genocidio non ha trovato conferma nel rapporto.
L’UE ha invece proposto di attivare il Tribunale Penale Internazionale, accettata poi con la risoluzione 1593 del Marzo 2005 con undici voti a favore e l’astensione di Cina, Brasile, Usa ed Algeria. Secondo Cassese, è sbagliato ritenere che l’accusa di genocidio faccia scattare meccanismi di garanzia o di protezione diversi da qualunque altro tipo di intervento previsto in caso di quest’ultima tipologia di crimine. Inoltre, sostiene che ogni volta che si verifica l’uccisione di migliaia di persone si debba necessariamente parlare di genocidio, ma dal punto di vista del diritto internazionale c’è una Convenzione e delle norme consuetudinarie che richiedono non solo che vengano compiuti degli atti (dall’omicidio fino all’impedimento delle nascite di un gruppo determinato di persone), ma anche che questi siano compiuti nei confronti di quattro tipi di gruppi: razziale, religioso, etnico o nazionale. Il terzo elemento da dimostrare è il dolus specialis.
Il 14 luglio del 2008 il procuratore capo della Corte Penale Internazionale, Luis Moreno-Ocampo, ha chiesto alla Camera Preliminare di emanare un mandato d’arresto a carico del presidente sudanese Al Bashir con l’accusa di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra. Secondo il procuratore, vi sarebbero prove sufficienti a dimostrare che Al Bashir ha progettato e messo in opera un piano per distruggere i gruppi Fur, Masalit e Zaghawa, giustificando le operazioni come contro-insurrezione, ma perseguendo in realtà un intento genocidiario. Dopo aver considerato per quasi otto mesi le prove presentate dal procuratore a sostegno della propria richiesta, il 4 Marzo scorso la I Camera Preliminare ha emesso un mandato d’arresto a carico del Presidente sudanese per crimini contro l’umanità e crimini di guerra, mentre i tre capi d’accusa per genocidio non sono stati confermati. Un fatto rilevante da ricordare è l’opinione dissenziente di uno dei tre giudici, Anita Uša-cka; nonostante ciò, la Camera Preliminare ha ritenuto che le prove presentate dal Prosecutor non fossero sufficienti ad attestare la sussistenza di un dolus specialis.
Il portavoce del ministero degli esteri sudanese, Ali al Sadig, ha affermato che il Sudan non riconosce nulla di ciò che proviene dal Tribunale Penale Internazionale, mentre il secondo vicepresidente della Repubblica, Ali Osman Taha, altro possibile indagato della Corte, ha definito “politiche” le accuse mosse a Bashir. Un’altra fonte del governo, anonima e citata dal sito d’informazione arabo “Elaph”, ha invece sostenuto che le reazioni dell’esecutivo nei confronti della comunità internazionale “saranno durissime”, tra cui l’impedimento del lavoro di tutte le organizzazioni internazionali in Darfur, come sta avvenendo attualmente.
Flavia Piccari

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