Il blog di Italians for Darfur

lunedì, maggio 18, 2009

Si aggrava la situazione umanitaria nel Darfur dopo l espulsione delle 13 ONG straniere

I nuovi dati sulle condizioni sanitarie degli sfollati mettono in luce la crisi del sistema assistenziale dopo l’espulsione di 13 ONG straniere e di tre organizzazioni locali.

Il 12 maggio scorso all’Università di Sassari, insieme alla testimonianza del rappresentante dei rifugiati del Darfur in Italia Suliman Ahmed, Italians for Darfur ha presentato agli studenti i più recenti dati delle agenzie delle Nazioni Unite, OCHA (Office for the Coordination of Humanitarian Affairs), WFP (World Food Programme) e WHO (World Health Organization), e delle maggiori ONG internazionali, come la statunitense USAID l’agenzia governativa per lo sviluppo internazionale, sulla crisi del Darfur, dai quali si evince l’aggravarsi della già drammatica situazione umanitaria nella immensa regione del Sudan. Se, infatti, John Holmes, coordinatore degli aiuti umanitari delle Nazioni Unite, riconosceva il 7 maggio scorso che i combattimenti in Darfur stanno diminuendo, allo stesso tempo denunciava il disfacimento del complesso sistema di aiuti umanitari nella regione, che garantiva, fino al 2008, assistenza a tre milioni e settecento mila persone ogni mese. Attualmente, dopo l’espulsione di 13 ONG straniere e il blocco di altre tre ONG sudanesi nel marzo scorso, circa un milione di persone rischia la sopravvivenza con l’approssimarsi della stagione delle piogge per il venire meno della loro costante presenza.

In tutto il Darfur si registrano gravi carenze nella distribuzione dell’acqua potabile e del cibo, nell’assistenza sanitaria e nella sicurezza dei campi profughi. In particolare, a subire le peggiori conseguenze ancora una volta sono donne e bambini: il capillare servizio di supporto ostetrico per giovani madri e lattanti, infatti, è andato completamente distrutto e oltre 300.000 bambini sono a rischio sopravvivenza per carenza di cibo, secondo quanto denuncia il World Food Programme. Si stima, inoltre, che circa 600.000 persone non possano più ricevere assistenza medica, proprio in un momento critico, in cui si accendono numerosi focolai di meningite e il rischio colera, con l’arrivo della stagione delle piogge da maggio a ottobre, diventa più alto. L’USAID ha registrato sino a fine aprile 182 casi di meningite nel Sud Darfur; sarebbero invece 13 nell’area di Jebel Marra (West Darfur) e 6 nel Nord Darfur i casi secondo la World Health Organization.

La situazione è resa ancora più drammatica dallo spostamento in massa dei civili in fuga dalla violenza che non si arresta: solo nel 2008, riportano i dossier dell’OCHA, si sono avuti oltre 300.000 profughi. Gli scontri di fine marzo hanno causato la fuga di 42.000 persone dal Sud al Nord Darfur, e numerosi sono anche gli spostamenti dal Nord alle altre regioni limitrofe, dopo i recenti bombardamenti di alcuni villaggi dell’area due settimane fa.

Se non si ricostituirà al più presto il complesso sistema di aiuti precedente al provvedimento del governo sudanese del marzo scorso, denuncia John Holmes, ovvero se le ONG espulse non saranno autorizzate a rientrare o non verranno sostituite da organizzazioni di pari capacità, le condizioni sanitarie ed alimentari andranno peggiorando drasticamente a partire dalle prossime settimane.

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