Il blog di Italians for Darfur

lunedì, ottobre 20, 2008

Per il Darfur solo Spot

2.7.Requiem ………Per il Darfur solo Spot e piccole meschinerie tutte Italiane

Autore del presente testo è Giorgio Trombatore. Italians for Darfur e IB4D non sono responsabili di quanto espresso dall'autore.

di Giorgio Trombatore


Ho servito il mio paese in Darfur per quattro lunghi anni.
Quando un giorno di novembre la Cooperazione Italiana mi ha chiamato per una missione in Darfur ero onorato.
Si aprivano anche per me dopo tanti anni le porte del Ministero di Roma.

Per chi come me lavora nel mondo delle organizzazioni non governative sa bene quanto può essere difficile accedere ad un contratto con la Cooperazione Italiana.Il MAE……
Altro che Casta…. Un blocco granitico chiuso a chiunque dall’esterno tenti un contatto, dove accedere è quasi impossibile se non si vanta un parente all’interno del Ministero.
Non è questione di Master, di esperienza o di quante lingue conosci, si tratta di avere un “Santo alla Farnesina”.
Ma se è vero che chi la dura la vince, alla fine anche il sottoscritto riuscì a procurarsi un contatto ed accedere all’Olimpo degli esteri.
Non c’erano solo i 7,500 Euro di salario(come i maligni potrebbero insinuare) a spingermi per lavorare con la cooperazione, ma la sincera fierezza di svolgere il lavoro che amo sotto l’insegna del mio paese.
La Farnesina appunto ed il Mae ovvero il braccio diretto del governo italiano per gli aiuti umanitari nel mondo .

Come cooperante atipico, vicino da sempre alle ideologie di Destra di Patria e Famiglia, l’idea di muovermi tra le dune del deserto al servizio diretto del nostro Ministero degli Affari Esteri era un piacere che attendevo da tempo, troppo tempo…..
Per quasi due anni ho svolto il mio lavoro tra le Tre grandi regioni del Darfur schivando insidie e pericoli sempre mosso da quell’amore per l’audacia e le imprese che ho sempre ammirato in personaggi come il grande Gabriele D’Annunzio.
L’epico ed il solidale sembravano essere finalmente vicini in una terra che era sconvolta da guerre intestine.
Ma la delusione di essere partecipe ed attore di uno show ben orchestrato da parte della politica italiana non tardò a turbare gli ultimi mesi del mio lavoro nel martoriato Darfur.

Come responsabile politico per la Cooperazione Italiana (qualifica che mi sono guadagnato sul posto ) ero ,tra l’altro, l’addetto alla ricezione ed al protocollo ogni qualvolta dall’Italia arrivavano visite di parlamentari .
E, Dio solo sa quanti ne sono venuti di parlamentari in cerca di visibilità .Dal parlamento europeo, dal parlamento italiano, dai comuni sono giunti da ogni dove.

Le richieste erano sempre le stesse visitare un campo profughi, possibilmente vicino alla sede della cooperazione italiana a Nyala e poi prendere subito il primo volo per tornare a Khartoum.
Il campo profughi era sempre quello di Calma, a soli dieci minuti di macchina da Nyala, poi se qualcuno si voleva avventurare oltre si procedeva con l’affitto di un elicottero dell’Onu solitamente un Mi8.
Finito il giretto tutti venivano riportati presso la sede della Cooperazione Italiana a Nyala per rifocillarsi con un bicchiere di vino fresco giunto appositamente con i voli militari da Brindisi.
Così piano piano sono venuti tutti, senza distinzione di colore politico e tutti con lo stesso messaggio: “ TANTA SOLIDARIETA’…NON VI ABBANDONEREMO”.
Un po’ come il locale estivo che va di moda.
Parto da Fiumicino con un volo di stato, mi fermo due giorni in Sudan ed ho uno spazio nel telegiornale delle venti serale magari annunciato dal David Sassuolo in persona.
Così è venuta la Dott.ssa Bonniver per ben due volte.
Arrivava, scambiava a stento due chiacchiere con noi operatori del campo, e poi l’energia le tornava quando un telecronista della Rai la riprendeva davanti ad un campo profughi.
Le solite parole di rito e poi via di corsa all’aeroporto per tornare a Khartoum .

Poi è venuto persino il sottosegretario Mantica di Alleanza Nazionale.
A lui la visita è andata male, poverino .
Infatti all’indomani di uno screzio con la Contini ,quando Mantica giunse a Nyala all’aeroporto di Nyala c’era solo il sottoscritto ad attenderlo con un Taxi locale per accompagnarlo a visitare i progetti .
Proprio così il sottosegretario agli esteri si è visitato i progetti di Garba Intifada a Nyala con un Taxi giallo.
Un taxi giallo sudanese che a metà strada si era pure fermato perché aveva finito la benzina. La Dott.ssa Contini che gestiva la cooperazione italiana come gestisce il suo appartamento privato a Milano gli negò l’utilizzo delle macchine della cooperazione, dei Toyota nuovi che rimasero parcheggiati durante tutta la visita di Mantica a Nyala.
Piccole vergogne del nostro paese.

Poi è stata la volta di Rutelli, anche lui è venuto sino al campo di Calma. Ha promesso un azione forte contro il governo e gli attacchi dei Janjaweed .
Finito il giro del campo anche lui ha terminato il viaggio prendendo un tè presso la nostra delegazione ed inviando sms a casa.Con lui c’era pure il francese Bayrout ( lo sfidante di Sarkozy per l’Eliseo).

Non sono mancati nemmeno i giornalisti, le grande penne del giornalismo italiano, che al seguito dei più noti politici si fermavano con loro per qualche ora a Nyala e dopo aver fatto la solita foto strappa lacrime ad un bambino riempivano d’inchiostro pagine e pagine di giornali.
Il pezzo andava scritto in fretta ed in furia. L’unico giornalista che è rimasto per settimane vivendo in un container in Darfur è stato Carlo Romeo il direttore del segretariato sociale della Rai, una vera e propria mosca bianca.

La cosa più assurda e se vogliamo triste e che aldilà dei viaggi dei nostri parlamentari con costosi costi logistici spesso all’interno della struttura regnava sempre e solo la maldicenza,un po’ come siamo abituati allo spettacolo giornaliero dei nostri telegiornali.
Il politico di turno che attacca l’opposizione e viceversa .
Questo teatrino vergognoso che vede coinvolti sia la Destra che la Sinistra non ha risparmiato nemmeno il martoriato Darfur.
Da Deodato alla Sentinelli non è cambiato molto.In effetti sono cambiati solo i cooperanti che partivano in missione . Prima quelli vicini ad una particolare classe politica poi con il cambio di governo toccava a gli altri.

Mi duole ripeterlo, ma l’unica libertà per i sudanesi del Darfur è legata al destino dei loro movimenti di ribellione.
Non si può costruire un nuovo futuro con gente che prende una missione politica come un viaggio per ottenere solo visibilità.
La lotta contro il governo di Al Bashir (già condannato dal tribunale dell’Aia) è l’unica strada percorribile per giungere ad una soluzione del conflitto.Infine vorrei ricordare ai lettori che al desolante quadretto che ho descritto sopra, bisogna anche ricordare tutte quelle persone che in silenzio lavorano per i profughi del Darfur.
Mi riferisco infatti alle Suore di Nyala con la gestione degli orfanotrofi, ai padri comboniani, a tutte quelle ong italiane e non che lavorano da anni in queste zone difficili.

Giorgio Trombatore

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1 Comments:

  • Niente di nuovo, tutto triste!

    By Anonymous Anonimo, at 3:58 AM  

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