Il blog di Italians for Darfur

lunedì, luglio 28, 2008

Chi si cela dietro la Humanitarian Aid Commission (HAC)

2.6 Tutti gli Uomini di HAC

Di Giorgio Trombatore


Avete mai sentito parlare del Dott. Sulaf Addin Saleh?
Avete mai sentito pronunciare questo nome ?

Se siete dei buoni conoscitori del Sudan allora un personaggio del genere non puo’ esservi sfuggito al pari di altre personalità tipo Dr.Khalil, Dr. Bahar Idris, Minnie Mennawie o Musa Hilal.

Ma il nome di Sulaf Addin non è legato ai gruppi di guerriglia che sono sorti come funghi in Sudan ne tantomeno a quello di famosi Janjaweed che con le loro gesta sono diventati vere star di Holywood ! .

Sulaf Addin Saleh fa parte di quel mondo poco conosciuto dei burocrati sudanesi che si è sempre distinto operando dietro le scene .
Non un uomo quindi da presentare e dare in omaggio alle emittenti locali arabe.
Sulaf Addin Saleh si presentava come un distinto diplomatico sudanese sempre in viaggio in Europa, tra cui Londra risulta una delle sue mete preferite.
Perchè si sa mentre il popolo muore di fame nei campi profughi , gli uomini di potere non si fanno mancare viaggi e svaghi nella dannata Europa.
Conteso tra la comunità diplomatica in Sudan, il noto Sulaf Addin era il personaggio chiave del ministero di Hac, una sorta di ufficio per il coordinamento degli aiuti umanitari che celava dietro questo suo prestigioso nome il cuore dei servizi di sicurezza sudanesi.

Certo oggi la situazione è cambiata del tutto in Sudan a causa anche della regionalizzazione dei conflitti che hanno fatto piombare il paese in un vero e proprio stato perenne di guerra civile.
Le cose sono molto ben diverse da quando Sulaf Addin gestiva incontrastato l’ufficio di Hac.Oggi gli uomini della sicurezza sudanese hanno molti grattacapi da pelare ; basti pensare alla presenza dei soldati dell’African Union , o ai conflitti che dal 2005 in poi sono scoppiati nel paese. Un quadro difficile da gestire anche per uomini abituati ad avere sotto controllo l’intera comunità straniera e non solo.
Le guerre civili che sono scoppiate nel paese negli ultimi anni hanno reso talvolta insufficiente la rete di controlli e di ispezioni creata ingegnosamente dagli uomini di Hac.

Basta ricordare che mentre scriviamo questo blog oggi la situazione in Sudan è la più grave degli ultimi tempi.
Ovunque si punti il dito nella mappa sudanese non troviamo una sola area pacificata.
Se poniamo lo sguardo ad est verso la regione di Kassala l’irrisolto conflitto con i Beja è ancora una spina nel fianco per il governo di Al Bashir .
Il centro del del paese, l’area storicamente in mano ai Nuba, rimane ad altissima tenzione.
A sud , nonostante il trattato di pace firmato tra il governo del nord e quello dell’attuale Silva Ker, la situazione nelle aree popolate dai gruppi Nuere e Dinka è tutt’altro che pacificata.
Infine c’è l’ovest con il dramma del Darfur e la recente escalation di guerra con il vicino Chad.
Dulcis in fundo citerei il recente attacco del Jem a Khartoum ( che io ho avuto modo di trattare proprio sul blog di Italians for Darfur ) e la condanna da parte del tribunale dell’Aia nei confronti di Omar Al Bashir.

Ma torniamo al nostro Uomo chiave degno di essere ricordato anche in questo Blog perchè lui sino al 2005 era l’uomo che gestiva il complesso edificio di HAC.

Chiariamo subito che c’è un HAC conosciuto dalla stragrande maggioranza delle persone ed è l’Hac pubblico ossia quello degli incontri delle ONG e delle Nazioni Unite con il Commissioner di turno per parlare di emergenze umanitarie.
Questo tipo di incontri avviene in tutte le regioni sotto il controllo dell’ufficio di Ocha delle Nazioni Unite. Hac, solitamente partecipa per via del suo Commissioner, e gioca il ruolo della parte lesa degli interessi dei comuni cittadini sudanesi.
Ovviamente è solo una operazione di facciata del governo sudanese, in quanto la vera anima di HAC è rappresentata dai suoi uffici di « intelligence « che operano in tutto il paese.

Una struttura di tutto rispetto che segue , identifica e cataloga la situazione di ogni singolo espatriato presente nel paese tenendolo constantemente sotto controllo attraverso delle pratiche all’apparenza innocue che servono a limitare le libertà degli operatori umanitari e dei diplomatici presenti nel paese.
Questo controllo è talmente ramificato anche nelle regioni da garantire una copertura totale persino nel più piccolo e sperduto villaggio sudanese.

Questo è il vero volto di HAC. Uomini dislocati negli aeroporti, lungo le strade, nei mercati, negli incontri delle ong e pêrsino nei campi profughi.
Il loro compito è quello di controllare , di limitare le libertà di movimento degli operatori umanitari attraverso un controllo stretto e rigido che comporta una serie di azioni burocratiche che spesso spingono le organizzazioni a rinunciare persino a visitare certe località.
Travel permit, autorizzazioni varie, timbri, foto, ecc… tutti mezzi ingegnosi per scoraggiare anche i più impavidi operatori umanitari.
Solitamente gli uffici di Hac nelle regioni interne sono delle catapecchie posizionate ai margini delle città. In questi luoghi gli operatori di save the children, di Concern, di Care fanno la fila per ricevere l’agognato timbro che autorizza il veicolo a raggiungere una determinata località.
Talvolta il timbro viene negato ed allora la ong deve chiedere udienza al Commissioner alfine di sbloccare la situazione ed autorizzare i veicoli a raggiungere i luoghi di destinazione previsti dai progetti.
Un gioco di nervi che alla lunga spezza la pazienza degli stranieri che commettano qualche errore o si lasciano andare a commenti duri e sferzanti.
Cosi’ facendo si entra nell’ottica degli uomini di Hac che con la loro calma ed il loro apparente disinteresse mirano proprio a sfiaccare le ong operanti in Darfur.
Ultimamente con con l’acutizzarsi del conflitto in Darfur si è posto un maggiore controllo per quelle aree e quegli spostamenti verso le zone del Jebel Marra o del West Darfur che sono sotto il controllo dei guerriglieri. Io credo che i tempi d’oro di Hac risalgono ai primi anni del 2000, quando il Dr.Sulaf Addin Saleh era il Commissioner di Khartoum.A quei tempi l’edificio di Hac sorgeva ed operava in quella zona di Khartoum dove nel 2005 è stato costruito dai turchi il primo grande Mall della capitale sudanese nei pressi del quartiere di Hamarat.
Proprio cosi’ gli uomini della sicurezza sudanese avevano la loro sede non molto distante da quella famosa strada 57 di Hamarat, nota a tutti come il centro di smistamento per i clandestini e gli irregolari che in questa via iniziavano il loro lungo viaggio verso l’Europa.
Per lo più si trattava di eritrei, etiopi, sudanesi alla volta dell’Europa .
La struttura di Hac, termine generico che indica Humanitarian Aid Commission, era talmente ben strutturata che ogni singolo movimento di un espatriato in terra sudanese veniva seguito nei minimi termini.
Gli uomini di Sulaf Addin del resto erano noti per la loro severità ma nello stesso tempo per la loro conoscenza del territorio.
In cima alla piramide di Hac vi era appunto Sulaf Addin ma tra i suoi bravi vanno ricordati il famoso « Tijani » che all’inizio operava nella capitale sudanese ma poi all’indomani dei problemi con il Presidente Idris del Chad, penso’ bene di metterlo a capo di HAC nel West Darfur, a Genena.
Tijani è divenuto in poco tempo celebre a Genena per avere più volte sequestrato giornalisti che a suo dire non avevano le opportune autorizzazioni per filmare i campi profughi.Con i suoi uomini è stato ed è l’angoscia per gli operatori umanitari di Genena che almeno una volta durante la loro missione hanno avuto la sfortuna di essere convocati presso l’ufficio di Tijani a Genena per rispondere di varie accuse formulate dagli uomini dei servizi segreti.
In Sud Darfur vi era un altro uomo di Hac ,il Commissioner Mr Jamal, che aveva tutta una altra strategia di approccio con le ong e le agenzie delle Nazioni Unite.
Jamal è un Fur sui quaranta anni.Questo uomo ha visto crescere in poco tempo la sua influenza ed importanza a Nyala grazie al dislocamento delle forze dell’African Union presso la zona dell’aeroporto ed al crescere del numero esponenziale delle ONG straniere che hanno aperto una sede nel Sud Darfur.
In poco tempo Jamal era dietro agli affitti delle case, alle assunzioni del personale locale, agli affitti esorbitanti dei veicoli.
Meno irruente di Tijani giocava a sfruttare il ruolo di potere per acquisire costantemente favori dalle Nazioni Unite dalle Ong.
Nessuno è uscito indenne dalle mire di Jamal, persino la cooperazione italiana ha fatto il suo !!!.
Ricordo i viaggi dei famigliari di Jamal sugli antonov delle Nazioni Unite o il suo celebre viaggio a Kharthoum per incontrare l’ambasciatore Enzo Angeoloni e poco dopo con l’aiuto della cooperazione Italiana fu operato in una clinica privata di Khartoum .
Jamal si fece operare ad una mano che in passato era stata colpita da una pallottola.
Insomma una maniera subdola pêr estorcere favori alle ong che cosi’ facendo vedevano allentati i controlli nei loro programmi.
In effetti Hac agisce in modo viscido perchè da un lato ti limita e ti controlla i movimenti dall’altro utilizza questa sua conoscenza per importi il suo prezzo.

Ma vediamo come agivano gli uomini di Sulaf Addin :
Documenti :
Sebbene il rinnovo del visto è materia che viene trattata dagli esteri, l’espatriato presente in Sudan deve per prima cosa fare una domanda presso Hac che cosi’ inizia a seguire la pratica del cooperante.Un formulario , con una fotografia deve essere presentata agli uffici di Hac che cosi’ facendo iniziano ad indagare sulla persona richiedente.
Nelle regioni agli operatori umanitari viene richiesto di fare un ID che ovviamente si compila presso gli uffici di Hac presenti nelle città del Darfur.
Macchine
Già poco prima della mia definitiva partenza dal Darfur ,gli Uomini di Hac mandarono una circolare presso le organizzazioni non governative per avere copia dei contratti di affitto delle macchine .
Inoltre ogni veicolo prima di ogni missione sul campo doveva fare pervenire presso gli uffici di Hac, almeno 48 ore prima, una richiesta scritta dove venivano indicate le aree da visitare ed i componenti della missione .
Cosi’ facendo gli uomini dei servizi avevano una chiara situazione dei movimenti degli occidentali presenti nel territorio.
Lo stesso è avvenuto anche con i contratti delle assunzioni, degli affitti delle case e cosi’ via.
Persino per uscire dal paese era previsto un visto di Uscita, qualcosa di incredibile che ha un eguale solo in Eritrea , un altro paese ossessionato dai controlli.
Infine questi controlli erano poi eseguiti dalle miriadi di posti di blocco presenti all’ingresso di ogni città dove gli uomini della sicurezza verificavano che i travel permit ed i documenti fossero in regola.
Persino negli aeroporti notai che dopo il controllo dei passaporti con la polizia locale vi era un successivo controllo prima dell’imbarco sui Mi8(elicotteri in dotazione all’Onu).Questo controllo finale era effettuato dagli uomini di Hac per verificare se l’operatore umanitario avesse in effetti notificato con 48 ore di anticipo la sua pârtenza.
Tutto cio’ non faceva altro che rendere continuamente gli operatori umanitari in uno stato d’agitazione dovuto alla miriade di controlli e richieste di autorizzazioni varie.
Tutto questo è HAC, un servizio degno dei militari Nord Coreani o della veccchia Stasi.
Credo certo che in parte è un simbolo della decadenza del governo di Omar Al Bashir che si affida a questi mezzi di controllo militari per tentare di celare i continui crimini che avvengono nel suo sconfinato paese.

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