Il blog di Italians for Darfur

lunedì, agosto 11, 2008

"La guerra armata è l’unica arma per liberare il Darfur e tutte le altre regioni dall’oppressione della dittatura."

1.5 Guerriglia totale

di Giorgio Trombatore
(Ex-Capo progetto della Cooperazione Italiana in Darfur)

La sentinella solitamente si appostava dietro ai ruderi di un mercato totalmente distrutto nell’area di Kidingir nel massiccio centrale del Jebel Marra in Sud Darfur.
Era un giovane Fur, uno di quegli uomini senza età.
Vestito di stracci con i capelli stile Rasta e con tutto il corpo ricoperto di Jujou, una sorta di amuleto locale , stava per ore a scrutare la savana contro possibili attacchi nemici.
A tracollo portava un vecchio Kalashnikov modello cecoslovacco.
Non appena il rumore di una jeep rompeva il silenzio della savana, la sentinella sparava un colpo nel cielo .

Era l’avvertimento, la sirena dei guerriglieri.
Subito dopo a qualche centinaio di metri, i ribelli destati dal colpo di Kalashnikov della sentinella si mobilitavano per preparasi a ricevere l’arrivo di ospiti indesiderati.
Oggi pero’ è un veicolo delle Nazioni Unite che porta aiuti umanitari. I ribelli lanciano uno sguardo al veicolo e poi si ritirano nelle loro capanne.
Scampato pericolo!.

Del gruppetto dei giovani soldati rimane solo il Sultano di Kidingir .
Da anni oramai il Sultano di Kidingir è rimasto l’unica autorità politica nel Jebel Marra. Da questa zona sono scappati tutti subito dopo gli attacchi dei governativi.
Il Sultano si sistema la sua jallabiah e si reca nei pressi della scuola secondaria appena ristrutturata dalla Cooperazione Italiana sperando di ricevere doni ed aiuti dalla delegazione dell’ONU.
La sentinella accenna un saluto ai veicoli con a bordo i funzionari dell’Unicef e poi torna a mimetizzarsi dietro dei cespugli.
Sempre in allerta , i janjaweed e le loro milizie sono in zona.
Nessun dorma !

Il terrore di un attacco è palpabile, visibile soprattutto negli occhi di giovani donne che hanno abbandondato i loro villaggi in fiamme .
Del villaggio non è rimasto niente, lo sanno bene anche le sentinelle .

Il compito della sentinella è fondamentale per l’intera sicurezza del villaggio. I Fur di questa zona lo sanno bene. I guerriglieri hanno poche munizioni in dotazione, e quelle poche armi vanno gestite con sapienza e cautela.
Quando si spara si deve essere sicuri di uccidere perché i predoni non perdonano e la morte per chi sceglie la lotta armata è sempre in agguato.

Non è un crimine uccidere quando si vive in mezzo alla savana in balia di uomini armati che possono piombare in qualsiasi momento del giorno e della notte. In pochi minuti si perde tutto e perdere la vita è l’ultimo dei problemi.
Pochi attimi e ti ritrovi la casa bruciata, il bestiame rubato, magari la sorella violentata ed il padre ucciso. Ti guardi intorno e ti senti perduto.

A quel punto l’alternativa è finire in un misero campo profughi dove ogni giorno fai la fila insieme ad altri centinaia di disgraziati per ricevere dal WFP una manciata di riso.
Nel momento che entri nel campo profughi non farai altro che metterti in coda sin dalle prime ore della mattina.
Senza accorgertene vieni risucchiato dalla vita degli orari inflessibili dei campi profughi.
C’è l’ora dell’appello, c’è la giornata per il controllo dei bambini presso la tenda dell’Unicef, e poi l’ora della distribuzione alimentare. In tutto questo devi sapere evitare anche i fastidi e le minacce della polizia sudanese sempre pronta per minacciare e sfruttaren questi poveri disgraziati.
In questo disgustoso quadretto c’è chi invece sceglie di prendere un fucile e raggiungere i ribelli nelle montagne per combattere l’odiosa dittatura araba di Al Bashir.

Continua a leggere...


Io personalmente supporto questa scelta:
La guerra armata è l’unica arma per liberare il Darfur e tutte le altre regioni dall’oppressione della dittatura.
Gli attacchi contro le squadre di polizia, le incursioni nelle caserme dell’esercito sudanese e la contro-offensiva contro le milizie dei janjaweed sono l’unico rimedio a questo silenzioso massacro. Sferrare colpi su colpi e colpire le truppe sudanesi nel cuore delle loro istituzioni.

Io non credo ai tavoli ed alle trattative, credo che alle armi ed alle oppressioni bisogna rispondere con altrettanto ferocia.
A chi sferra i colpi inermi contro i civili bisogna rispondere con attacchi ben studiati.

Quando mi incontravo con i dirigenti del JEM o dello SLA continuavo a ripetere che bisognava portare la guerra in capitale.
Una guerra che si combatte a migliaia di chilometri non viene sentita ne percepita come tale da chi vive tranquillo tra le code di un supermercato o innervosito dalla mancanza di un parcheggio.
Diciamo come le stanno le cose. La guerra nei Balcani non impediva certo agli italiani di andare con tanta spensieratezza in vacanza al mare mentre aerei della Nato si alzavano in volo per bombardare la Serbia.

Per questo Sono stato positivamente colpito quando qualche mese fa ho letto della notizia che un assalto condotto dalle milizie del JEM aveva colpito l’area residenziale di Ondurman a pochi chilometri da Khartoum.
Questa è la strategia vincente!!!.

La storia ci ha insegnato che tutti i movimenti di guerriglia hanno avuto successo solo quando si è riusciti a coinvolgere anche la popolazione.
Tornando al Darfur, come sappiamo negli ultimi anni il conflitto armato ha conosciuto una crescita esponenziale delle fazioni in lotta. Nuovi gruppi , nuove sigle si sono formate ed hanno segnato la regione con nuovi e tristi accadimenti.
Ma l’origine del conflitto deve essere ricercata nella decisione da parte di un gruppo di Zagawa che anni or sono decisero di attaccare una stazione di polizia nel Sud Darfur.

Sia Benedetto quel giorno!!!

Quell’attacco segno’ l’inizio della guerriglia dello SLA. Quell’attacco poteva essere un insignificante episodio di banditismo o di delinquenza locale , ma i leader sudanesi sono riusciti a trasformarlo nel tempo in una guerriglia organizzata che avrebbe destabilizzato uno dei paesi più grandi dell’Africa.
Del resto quello che fecero in quegli anni Abdel Uahid e Minnie Mennawie fu una scelta chiara e senza ritorno, quella della lotta armata.
Quei leader africani capirono che l’unica via percorribile era quella della guerra civile.
Non nelle aule dei tribunali, non attraverso l’inchiostro dei giornali, ma con la consistenza dei proiettili sparati contro i convogli militari del governo sudanese.

La storia dei recenti conflitti mondiali è piena di azioni che hanno sconvolto la geopolitica del globo, e spesso dietro a conflitti nazionali che hanno creato migliaia di vittime ed hanno ridisegnato il quadro politico di molte nazioni c’è dietro la volontà di pochi uomini .

A Cuba Fidel Castro e Che Guevara riuscirono organizzando una guerrigilia nella selva cubana a far cadere il regime dittaoriale di Batista, in Cina Mao Zedong si libero’ dei nazionalisti di Chang Kai sheik e delle potenze straniere.
Ma è l’Africa il paese per eccellenza dove pochi uomini hanno dato vita in breve a movimenti di guerrigilia che in alcune occasioni sono riusciti a prendere il potere.

In Sudan i Dinka guidati da John Garang per decenni hanno opposto una guerriglia organizzata che alla fine ha visto riconosciuto dal governo di Omar Al Bashir il suo ruolo in una nuova società sudanese.
Ma i risultati di John Garang sono stati raggiunti solo dopo grazie ad anni di guerriglia sapientemente organizzata.
In Mozambico la Renamo di Dhaklame ha opposto negli anni novanta una fiera opposizione al governo della Frelimo sino a giungere a vedere riconosciuto la sua lotta armata con le prime libere elezioni in Moambico nel 1994.
Poi c’è il caso dell’Angola di Jonas Savimbi, il Polisario nel Western Sahara, i guerriglieri in Chad, in Niger e nel delta in Nigeria.

I movimenti di guerriglia hanno sempre prodotto un cambiamento nella società anche se spesso questi cambiamenti hanno solo segnato un cambio della guardia al potere senza portare nessun beneficio della popolazione.
Chi giunge al potere con le armi spesso le perde con gli stessi mezzi.
Rari sono i casi di leader che una volta giunti al potere hanno amministrato la cosa pubblica con fermezza ed equità per il popolo.

Purtroppo i Museveni dell’Africa contemporanea sono tanti e si assomigliano tutti. Nati come ribelli, acclamati dal popolo in breve hanno disilluso le aspettative di milioni di africani instaurando regimi tribali clientelari.
Oggi in Zimbabwe un uomo chiamato Mugabe è riuscito a fare piombare il paese nel più disastroso e terribile scenario apocalittico, dove inflazione e disoccupazione sono ai livelli più alti della storia del continente. In Congo un figlio del già noto Kabila guida una delle Nazioni più vaste dell’Africa, in Ruanda il grande eroe della liberazione dei Tutsie è rimasto ancorato alla sua poltrona e tutto sembra fare intendere che vi resterà per anni.

Aldilà di queste speculazioni io credo nella lotta armata come unica via per interrompere la scia di massacri che sono avvenuti in Darfur.
Purtroppo il rischio più grande è quello di avere solo un cambio di persona al vertice della struttura di comando.
Meglio correre il rischio!
Bisogna altresì riconoscere che solo grazie alla guerriglia armata dello SLA e del JEM il governo di Al Bashir ha dovuto porre un limite ed un freno alle sue milizie filogovernative.

Non sono stati certi i colloqui di Abuja a fare tacere le armi per qualche periodo nel sud e nel nord Darfur. Questi sono gli effetti della lotta armata nel tempo, grazie al sacrificio e alla morte di molti giovani guerriglieri sudanesi che sono riusciti con il sangue a fermare le scorribande dei Janjaweed.


Autore del presente testo è Giorgio Trombatore. Italians for Darfur e IB4D non sono responsabili di quanto espresso dall'autore.

Etichette: , , , , , ,

domenica, giugno 22, 2008

Faccia a faccia con Minni Minnawi, Presidente dello SLA-M

3. MINNI MINNAWI

di Giorgio Trombatore

Nell’agosto del 2005 incontrai in una località segreta del Nord Darfur quello che sarebbe diventato da li a poco il firmatario del processo di pace firmato ad Abuja nel 2006, il leader storico del gruppo Zagawa Minnie Mennawie.

A quel tempo io ero il “Political Coordinator “ per la Cooperazione Italiana in Darfur, una funzione che in un certo senso non era riconosciuta dal ministero degli esteri dato che la mia funzione ufficiale era “logista”.
Da diverso tempo ero in contatto con il gruppo dell’SLA legato alla presidenza di Abdel Uahid e storicamente localizzato nell’area di Jebel Marra.
La Cooperazione Italiana aveva intrapreso una serie di attività umanitarie sin dal novembre 2004, quando per la prima volta raggiunsi queste aree isolate sotto il controllo dei guerriglieri dello SLA.

I miei interlocutori erano prevalentemente il political adviser Muru ed il comandante militare della zona il maggiore Sanah.I nostri incontri avvenivano solitamente a Fena e Kidingir dove tra l’altro la Cooperazione Italiana porto’ avanti dei lavori che si rivelarono totalmente fallimentari per una serie di cause.

Erano luoghi di una povertà indicibile.I raid aerei delle truppe governative da un lato e gli attacchi dei janjaweed avevano distrutto e fiaccato moralmente le truppe stanziate nel Jebel Marra.
L’autorità cittadina era rappresentata da un Sultano locale che nei tempi di pace gestiva l’autorità in quello che era un tempo la Svizzera del Sudan.
Il jebel Marra, in effetti, in tempî recenti era una destinazione preferita da parte della ricca borghesia sudanese che in queste aree avevano costruito degli chalet per godere del clima e della bellezza dei paesaggi.
Il paesaggio purtroppo oggi era ben diverso, ovunque distruzione .Le case , le scuole e persino la diga di Fena erano stati distrutti durante il conflitto. I guerriglieri del Jebel Marra, per lo più a maggioranza etnica Fur, vivevano in grande povertà.Mentre la leadership guidata da Abdel Uahid se ne stava nei migliori alberghi del Kenya ingrassando tra una conferenza di pace ed un intervista i suoi uomini muorivano di stenti.

Tutte le volte che giungevo a Kidingiri mi si stringeva il cuore nel vedere lo stato di quei guerriglieri.

Continua a leggere...


Vivevano con niente, e solitamente dormivano all’interno delle scuole abbandonate che diventavano dei veri e proprio tuguri.
In quei luoghi i guerriglieri defecavano e si nutrivono.La maggior parte erano giovanissimi, ignari del conflitto.Molti muorivano al primo conflitto al fuoco, dato che non avevano esperienza e conoscenza della guerra.
Si aggiravano per quei luoghi con i loro vecchi fucili, spesso disponevano di poche munizioni che tenevano con grande cura.

In queste zone colpite duramente dal conflitto la cooperazione italiana aveva deciso di aiutare la popolazione sudanese del Jebel Marra con una assistenza alimentare, ed anche con un obbiettivo di ricostruire in toto il villaggio di Kidingir seriamente distrutto dalla guerra civile.
Obbiettivi lodevoli ma la popolazione in quel momento aveva bisogno di ben altro che di una ripulita delle stanze della scuola locale, la popolazione era assetata di sicurezza.
La presenza dei Janjaweed era ancora più inquietante dei raid aerei.I Janjaweed erano accampati pochi chilometri fuori da Kidingir.
Io ebbi l’onore e la sfortuna di conoscerli quando un giorno rientrando da una visita a Kidingir la mia auto fu attaccata da un gruppo di Janjaweed che ci tese un agguato appena fuori Kidingir .I janjaweed sbucarono fuori dalle radure di un Uadi e ci attaccarono con tutta la loro potenza di fuoco.

Per lo più a cavallo e su cammelli , mi vidi piombare una trentina di uomini che galoppavano a tutta forza contro il mio veicolo.Con me c’erano due soldati dei corpi speciali che immediatamente risposero al fuoco rispondendo con una pioggia di proiettili in direzione dei Janjaweed.
Dopo l’attacco raggiunsi un vicino villaggio per prendere aria e verificare che stavamo tutti bene.Il villaggio era stato attaccato poco prima dai Janjaweed.Fui avvicinato da una donna che mi chiese di portare suo figlio al vicino ospedale di Nyala.
Il ragazzo aveva due proiettili in corpo, una nella spalla e l’altro nel fianco. Perdeva in continuazione i sensi e decisi di portarlo con me a Nyala.
In auto non avevo posto quindi lo caricai nel cassone del pick-up.Quel disgraziato si fece tutto il viaggio nel cassone, ma la vita fu salva.

Come ho detto sopra per mesi continuai lavorare con la dirigenza dello SLA del Jebel Marra. Al lavoro politico affiancavo quello umanitario sopratutto legato all’assistenza delle popolazioni di Fena e Kidingir.
Tempo dopo sfruttando le mie conoscenze sul territorio e sopratutto attraverso la mediazione di jamal capo Zagawa dell’aria di Muhajiria riusci’ ad organizzare un incontro con Minnei Mennawie in una località segreta del Nord Darfur.

Decisi di presentarmi all’incontro con un aiuto per la sua popolazione ed organizzai un camion pieno di derrate alimenatari.Purtroppo il camion fu intercettato dalla polizia segreta di El fasher che per colpirmi decise anche di interrompere tutte le attività dell’ONG COOPI nel territorio.
In realtà il COOPI era all’oscuro del mio incontro con il ledaer dei guerriglieri dello SLA Zagawa, ma la loro unica colpa era stata quella di facilitarmi il pâssaggio attraverso El Fasher preparandomi i “travel permit”.
L’ong venne assediata dagli uomini di HAC e per diversi giorni le loro attività sospese.La situazione si risolse grazie anche al tempestivo intervento dell’ambasciatore Enzo Angeloni che spesso interveniva per tirare fuori me ed i miei uomini dai problemi.

Rinunciai al camion e prosegui il mio viaggio in macchina verso l’incontro con il ledaer dei ribelli.
Ad un centinaio di chilometri da El Fasher sfiorai una tragedia con una pattuglia dello SLA.
IN effetti all’uscita di un Uadi fui fermato da un gruppo armato incuriosito dalla vettura della cooperazione italiana in quelle aree desolate.
Dissi al mio collega, un giovane stagista italiano, di prendere il Kalashnikov e di essere pronto a sparare a quei quattro individui che continuavano a parlocchiare ad alta voce tra di loro.
Non ero riuscito a riconoscere quel gruppo, temevo che fossero sbandati alla ricerca di una sicura rapina.
Feci marcia indietro di corsa e mi rifugia dietro una collina.
Chiamai con il Sat Abdu Giabbar (numero due delle forze armate della guerriglia Zagawa).
Lo informai che sul tragitto c’erano dei predoni e chiedevo che mi inviasse qualche pattuglia.
Abdu Giabbar mi disse che probabilmente si trattava di governativi e di non cedere.
Risoluto dissi allo stagista che era con me che saremmo passati, nascondemmo il kalashnikov sotto una giacca e dissi al mio segno di sparare sul gruppo.
Fortunatamente quando mi ripresentai davanti al gruppo , uno di loro disse “SLA, Harakat SLA”, ossia si identifico’ come del movimento.
A quel punto l’incidente fu chiarito, in effetti si trattava di gente vicina a Minnie.

Tirammo un sospiro di sollievo e continuanno il nostro viaggio sino a raggiungere Minnie che ci attendeva con i suoi uomini in una località segreta .

Quello che mi colpiva era di constatare che di fronte a me avevo un esercito vero e proprio.
Gli uomini di Minnie erano ben equipaggiati, sfoggiavano tute mimetiche di primo ordine, e la comparazione con le truppe dello Sla nello jebel Marra mi venne spontanea.

Minnie Mennawie ci accolse su un tappeto saggiamente collocato sotto un grosso albero.
Accanto a lui c’era sua scorta che lo seguiva sempre; la cosa esilarante era che metà di quella scorta sfoggiava un look da rasta man. IN effetti in seguito notai che spesso tra i guerriglieri vi era la moda di portare i capelli rasta quasi come a mostrare con il corpo la loro differenza dalle tribu’ arabe che gestivano il paese.
In quell’incontro c’era persino Abdu Giabbar,con cui avevo parlato poco prima con il sat durante l’incidente sulla strada.

Minnie mi informo’ che a breve si sarebbe tenuta una grande conferenza in una località segreta ( più tardi si seppe che fu la conferenza di Haskaniza).

In quella conferenza lui avrebbe riunito tutte le forze dello SLA per eleggere un nuovo presidente.
Usava parole dure per Abdel Uahid definendolo un rammolito che da troppo tempo viveva all’estero tra il lusso degli alberghi del Kenya.

Mi parlo’ dei suoi rapporti con il gruppo guerrigliero dello SLA del Jebel Marra, deprecandone le condizioni di vita.
I miei pensieri andarono subito a quei poveri disgraziati che vivevano in mezzi ai rifiuti organici in vecchie stanze abbandonate.

Il leader dello SLA mi disse che aveva avuto diversi contatti con i libici ed aveva incontrato anche Gheddafi un paio di occasioni. Sapevo che i libici seguivano con interesse gli accadimenti del Darfur, ma non immaginavo un loro netto coinvolgimento almeno sino a quel momento.
Mi parlo’ pure del movimento guidato dal Dottor Khalil riconoscendo nel JEM una strategia maggiore che in effetti nel tempo si sarebbe rilevata corretta.

Potei constatare che quel giovane guerrigliero stava cercando di rimettere in sesto una guerriglia che soffriva di troppe spaccature interne.A quel tempo nel 2005 il gruppo di Mennawie e quello di Abdel Uahid erano ancora formalmente uniti,anche se il giovane leader Zagawa Minnie stava impressionando gli osservatori occidentali per la sua forza e per l’organizzazione delle sue milizie.

Minnie mi mostro’ una mappa durante il nostro incontro che aveva fatto fare cucendo diversi lenzuoli ed orgogliosamente mi mostro’ la forza del suo SLA nel territorio del Darfur.

Vi erano due centri che fungevano da HQ militari, l’area di Muhajiria che veniva seguita dal mio caro amico il comandante Jamal e l’area appunto del Nord darfur.

I problemi di Minnie erano tanti, c’erano le attività del gruppo JEM al Nord che faceva sentire la sua presenza grazie alle scaltre strategie di Bahar Idris (uno dei migliori comandanti militari del conflitto), a sud c’era il problema con la fazione di Abdel Uahid che spesso proprio nell’area di Muhajiria aveva segnato delle forti tensioni.

Rividi il leader dello SLA in quella che fu per eccellenza la spaccatura ufficiale e definitiva del gruppo SLA, durante la conferenza di Haskaniza.
Questa conferenza , se non ricordo male, venne organizzata nel mese di ottobre in un villaggio del sud darfur non molto distante da Muhajiria grosso centro commerciale.

Un grossa tenda venne collocata appena fuori il villaggio e dopo diversi mesi di contatti segreti frenetici tutto l’SLA che contava si riuni’ ad Haskaniza per eleggere il nuovo presidente.

Abdel Uahid, che aveva intuito le mosse di Mennawie , non si presento’ alla conferenza e non invio’ nessun delagato. Anzi si affretto’ a riufiutare la legittimità della conferenza attraverso la solita intervista a qualche reporter straniero da una stanza di un albergo Kenyota.
Io raggiungi la conferenza sfruttando un volo di un MI8 delle Nazioni Unite.
Poco prima della conferenza incontrai Minnie all’interno di una tenda che aveva fatto allestire appena fuori Haskaniza.Fuori la tenda riconobbi immediatamente i suoi uomini più fedeli che stavano bivaccando bevendo tè e fumando sigarette.
Minnie mi aspettava all’interno della tenda.Era seduto al centro, sembrava conscio dell’importanza storica dell’evento.Accanto a lui vi era sua moglie, una ragazza molto giovane dai tratti leggermente arabi.Poco distante sedeva anche l’immancabile Abdu Giabbar (capo delle forze armate) ed alcuni rappresentanti dell’SLA nel mondo.

Il leader dei guerriglieri mi presento’subito quelli che erano i rappresentanti dello SLA nel mondo.
Vi erano alcuni delegati che venivano dagli Emirati, dal Kuwait , poi mi colpi’ la presenza di un delegato che veniva dall’Italia.
Minnie me lo presento’ con una certa enfasi, si trattava del signor Mandella residente a Monterotondo a Roma che l’altro si dilettava a fare il politico per l’SLA.
Mandella parlava un buon italiano, e come tutti gli altri delegati presenti nella tenda mi colpi’ perchè stava seguendo il ramadan.
Lo so che puo’ sembrare stupida come riflessione, ma notai che i guerriglieri e compreso Minnie non si davano molta cura del ramadan ,mentre questi delegati giunti freschi freschi dall’Europa e dagli Emirati ci tenevano a sfoggiare il loro digiuno.

Inutile dire che il profilo di quelle persone era mediocre.Minnie aveva voluto la loro presenza per rendere ancora più ufficiale quella spaccatura agli occhi dei sudanesi.

In effetti centinaia di guerriglieri dell’SLA erano accorsi da tutte le regioni del Darfur per seguire questa conferenza che mirava ad eleggere un nuovo capo.
Persino una delegazione di libici era presente, oltre che qualche giornalista europeo ed un gruppo di americani.
Minnie si presento’ alla conferenza accolto da un lungo applauso.
Il servizio d’ordine aveva fatto le cose in modo davvero eccellente.
Ogni delegato aveva ricevuto un carta di identità che lo autorizzava a votare.Tutto il perimetro della conferenza era stato protetto da un servizio d’ordine impeccabile.
Dopo una serie di saluti, si procedette immediatamente alle votazioni, che come previsto sancirono l’elezione di Minnie alla testa del movimento.
Gli avvenimenti che sono seguiti alla conferenza di Haskaniza sono noti a tutti.
Minnie Mennawie leader dello SLA uscente di Haskaniza ha partecipato attivamente al processo di pace in Nigeria firmando il documento di pace.
Abdel Uahid insieme al Jem e qualche altro gruppo ha rifiutato quel processo.
Da un lato abbiamo visto emergere il JEM come una forza sempre più consistente nello scacchiere del Darfur mentre gli uomini di Abdel Uahid hanno perso la loro influnza.

Autore del presente testo è Giorgio Trombatore. 
Italians for Darfur e IB4D non sono responsabili di quanto espresso dall'autore.

Etichette: , , , , , , , ,

martedì, giugno 17, 2008

L'attacco a Karthoum: genesi di una battaglia (II)

..continua dalla prima parte...

Qualche tempo dopo Bahar mi chiese di nascondere nel compound dove vivevo con la cooperazione un noto avvocato del Jem già coinvolto in passato in una attentato dinamitardo a Khartoum , che venne imputato erroneamente ad Al Turabi.
Questo avvocato che chiamero’ “Suleiman” (per proteggerlo ) fu mio ospite per una settimana circa a Nyala. In quei giorni frequentandolo e condividendo con lui la stanza ebbi modo di conoscere meglio il gruppo ribelle del JEM.
Con l’avvocato parlammo a lungo sul conflitto del Darfur.Lui sosteneva , e non a torto, che l’unico gruppo ribelle ad avere una vera identità era il Jem. Da anni loro si erano allontanati dal movimento islamista di Al Turabi per sostenere delle tesi più moderate.
Il loro punto fondamentale era quello di gestire meglio l’oro nero del soba corridor, e di una presenza del popolo darfuriano a livello governativo.( vedi i 5 punti in allegato)
L’avvocato mi informo’ sul tentato colpo terroristico fallito qualche tempo prima, ed io concordai con lui che la guerra andava portata a Khartoum.
Questo era l’anno del 2005, ma l’avvocato mi assicuro’ che avrebbe seguito questa strategia.
La mia opinione , e rimane tale, era che il conflitto andava portato con tutta la sua gravità a Khartoum dove la comunità internazionale e lo stesso popolo sudanese ne avrebbe finalmente presso tragicamente atto.
Era inutile continuare ad attaccare i posti di polizia disseminati nelle tre regioni del darfur e tantomeno combattere per la sovranità su qualche villaggio .
L’avvocato mi disse che non erano ancora pronti per un simile colpo ma che già operavano nelle aree del West Darfur oltre i campi di Al Genena e nell’area nord nella zona di Kulbus.
Inoltre la loro presenza nel nord Darfur era spesso in contrasto con l’ascesa di quello che poi sarà il futuo leader e vice di Al Bashir, il noto guerrigliero Minnie Mennawie che firmo’ l’accordo di pace in Nigeria sancendo una frattura definitiva con l’SLA di Abdel Uahid.
Per questa ragione quando ho saputoi dell’attacco ad Ondurman qualche giorno fa non fui molto sorpreso;anzi io credevo fermamente che questo sarebbe accaduto prima.
Con l’avvocato dopo la sua partenza ci tenevamo in contatto utilizzando diversi numeri di telefono.Inoltre avevamo escogitato di contattarci attraverso un banale indirizzo email dove entrambi conoscevamo la password ed ogni volta che volevamo comuinicare l’uno con l’altro lasciavamo dei messaggi all’interno di questo.
L’avvocato negli ultimi tempi si è trasferito a Dubai dove ha seguito le relazioni del Jem dall’estero mentre i suoi compagni hanno spostato in parte il comando generale nel vicino Chad oltre che a tenere sempre una base nel regime dell’amico Isaias in Eritrea.

Giorgio Trombatore

Etichette: , , , , , ,

sabato, giugno 14, 2008

L'attacco a Karthoum: genesi di una battaglia (I)

4. IL JEM attacca Khartoum
Genesi di una battaglia che ha avuto inizio tre anni prima in un alloggio della cooperazione di Nyala.
(parte I)

di Giorgio Trombatore

Il 10 Maggio scorso è una data importante nel conflitto del Darfur.
Per la prima volta circa 1100 soldati si sono presentati alle porte di Khartoum tentando un disperato colpo di stato.
L’impresa ha preso di sorpresa un po’ tutti a partire dai serivizi segreti occidentali sino agli stessi governativi sudanesi che non si sono accorti che circa 200 veicoli (tra pick-ups e camion ) avevano attraversato l’intera regione del Darfur per giungere dopo un lungo tragitto sino alle porte di Omdurman.
Forse nessuno si è stupito che a condurre questo attacco ci fosse la mano del Jem, il Justice Equality Movement che fin dal 2004 si è distinto nella guerra del Darfur per la loro organizzazione politica e militare.

Personalmente ho conosciuto i dirigenti del JEM nel novembre del 2004.Il primo incontro è stato nelle sabbie del sud Darfur a qualche chilometro dalla cittadina di As Senet.
In quel tempo mi occupavo della costruzione di un acquedotto nella zona.La città di As Senet presentava una particolarietà diversa da tutte le altre.
Il piccolo villaggio era diviso da due gruppi di guerriglieri; da un lato vi erano i seguaci di Minnie Mennawie (gruppo dell’SLA a maggioranza Zagawa) dall’altro vi erano i seguaci di Ibrahim Khalil del Jem.
La mia presenza nel territorio come operatore umanitario mi aveva permesso di entrare in contatto frequentemente con tutti i gruppi in lotta nella zona.
L’incontro più importante avvenne qualche mese dopo, quando mi recai in una località del Nord del darfur verso il confine libico ed incontrai quello che era il personaggio più carismatico del gruppo del Jem.
Bahar Idris.
Un giovane sudanese che da anni gestiva le operazioni militari del JEM con diversi contatti con il gruppo presente in Chad e persino con collaboratori a Dubai ed in Eritrea.

Qualche tempo dopo Bahar Idris mi diede dimostrazione del suo controllo capillare delle tre regioni del darfur quando si impegno’ a consegnarmi nel 2005 tre cooperanti di ADRA che erano stati rapiti nel mese di Marzo mentre lavoravano per la costruzione di un acquedotto proprio ad As Senet.
I tre erano stati rapiti (insieme ad alcuni camion ed una perforatrice )e non si era saputo più nulla di loro. Le Nazioni Unite avevano chiesto il rilascio ma per tre mesi gli agenti di sicurezza occidentali sostenevano che gli operatori umanitari ( tutti di nazionalità sudanese) erano in mano del gruppo dell’SLA attivo nella zona.
Bahar Idris si impegno’ a rilasciare quegli uomini a me, che qualche settimana dopo con un elicottero delle Nazioni Unite andai a prevelare in una località del Sud Darfur vicino ad As Senet.

Qualche tempo dopo Bahar mi chiese di nascondere nel compound dove vivevo con la cooperazione un noto avvocato del JEM....

(continua...)
Autore del presente testo è Giorgio Trombatore. Italians for Darfur e IB4D non sono responsabili di quanto espresso dall'autore.

Etichette: , , , , , , ,

mercoledì, giugno 11, 2008

NRF: NATIONAL REDEMPTION FRONT

2. NRF

(organigramma dei movimenti ribelli in Darfur, di G. Trombatore)

National Redemption Front (NRF): sigla che rivendicava un fronte unito del gruppo non firmatario ad Abuja. Si presume sia localizzato nella parte piu’ Nord Del Sud Darfur, già in territorio della provincia del Nord Darfur (area compresa tra Dirbat e Um Sadir).
Componenti NRF
1.)Dr. Khalil (gia’ comandante del Jem, al momento pare si trovi a Parigi)
2.)Sharif Hariri (al momento pare localizzato a Londra)
3.)Ibrahim Dereg (al momento in Germania)
4.)Abdallah Hamis (risiede in Kenya)
Sul terreno però conta l’autorità di Bahar Idris, che dal vicino Chad segue le operazioni.
Comandante in capo per le operazioni Bahar Idris.
Richieste del NRF
1) Minnie Mennawie accettando la carica di Senior Authority ha dimostrato la sua poca esperienza in materia politica. Il Senior Authority non ha un effettivo controllo e potere politico, finanziario che un qualsiasi Uali (Governatore gode di questi poteri). Minnie Mennawie accettando queste posizioni ha indebolito il lato dei ribelli, non solo si vocifera che abbia accettato non solo per inesperienza politica ma anche per paura di un tribunale internazionale per i crimini di guerra.
Richieste Ufficiali del Movimento National Redemption Front ( con mutuo accordo con Abdel Wahid e Abdel Shafi):
1) La prima richiesta è di riconoscere come contropartita un esponente del NRF come Vice Deputy President con contatti diretti con il Presidente;
2) Integrazione delle forze (Milizie comprese). Al momento il Sudan Military Organ non garantisce un inquadramento delle forze ribelli nell’esercito. Si vocifera di numeri troppi bassi, vogliono una vera integrazione delle forze;
3) Richiedono una compensazione per i tre stati del Darfur. Il trattato di Abuja contempla questa forma di compensazione come atto di carità e di aiuti lasciati alla comunità internazionale. Si richiede l’ufficializzazione di un programma di aiuti con linee di budget chiare e precise;
4) Richiedono inoltre un programma serio di ricostruzione del Darfur, usando le revenues del petrolio e non monopolizzando le finanze per la capitale;
5) Fanno presente che la popolazione del Darfur conta circa il 23 % della popolazione dell’intero Sudan. Il Governo attraverso il trattato di pace deve garantire a questo 23 % un eguale possibilità di rappresentanza nelle istituzioni, nel governo ed in tutti i posti amministrativa della cosa pubblica. Non si accontenteranno di solo tre o quattro cariche.
L’NRF ricorda di essere pronto in ogni momento di sospendere le attività di guerriglia nel paese. Conferma che Abdel Uahid e Abdel Shafi sostengono questa visione.

Etichette: , , , , , , , ,