Il blog di Italians for Darfur

martedì, marzo 29, 2011

Alto ufficiale di Khartoum rivela: Gheddafi armava i ribelli del Darfur dal 2003.

"Gheddafi era sì un dittatore, ma ha sempre fatto il doppio gioco, aiutava il governo sudanese, ma anche i ribelli".
Abdulwahab Ahmed

Era il Maggio 2008 quando il JEM (justice and Equality Movement) tentò di assaltare la capitale sudanese. Da allora le voci che l'operazione fosse stata finanziata dai libici non avevano smesso di circolare. Ora è un alto ufficiale sudanese, a capo dell' Autorità di transizione del Darfur istituito da Khartoum ad affermarlo per la prima volta.: gheddafi sosteneva la ribellione del Darfur.
Attualmente, riferisce il Sudan Tribune, il leader del JEM Ibrahim Khalil è esule in Libia, nonostante i precedenti tentativi sudanesi di ottenerne l'espulsione.

Eppure, fu proprio Gheddafi, continua il Sudan Tribune, a premere affinchè l'Unione Africana garantisse l'immunità a Bashir dopo il mandato di cattura internazionale emesso dalla Corte Penale Internazionale per i crimini in Darfur.

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martedì, settembre 22, 2009

Luce alla fine del tunnel in Darfur?

di Stefano Cera, in Affari Internazionali - http://www.affarinternazionali.it/articolo.asp?ID=1249

Prima di lasciare il loro incarico ai vertici, rispettivamente civile e militare, dell’Unamid (la missione ibrida Onu-Unione africana in Darfur), Rodolphe Adada e Martin Luther Agwai hanno sollevato, alla fine del mese di agosto, un interessante interrogativo: la guerra in Darfur può considerarsi conclusa? Dai primi mesi di quest’anno è certamente diminuito il numero di azioni condotte su larga scala nella regione da parte dell’esercito sudanese, così come il numero di decessi mensili (secondo i dati Onu, dai 200 del solo gennaio 2005 si è scesi a 150 del periodo gennaio 2008 - aprile 2009). Per questo il conflitto nella regione occidentale del Sudan non costituisce più un’emergenza ed ha assunto il carattere di ‘conflitto a bassa intensità’, sicuramente più accettabile dall’opinione pubblica mondiale.

Il Sudan meridionale va a rotoli
Secondo autorevoli esponenti della comunità internazionale la situazione del Darfur è ormai decisamente migliore rispetto a quella del Sudan meridionale; Lise Grande, coordinatrice umanitaria Onu per il Sudan mette in evidenza che mentre nella regione occidentale del Sudan “l’attenzione e la solidarietà internazionale stanno facendo la differenza”, nel Sud “si sta invece passando da una situazione disastrosa a una vera catastrofe” (Internazionale, n. 809, p. 38). Infatti, la situazione di transizione del Darfur rende il quadro tendenzialmente migliore rispetto a quello della zona meridionale del paese, dove da diverso tempo sono riprese le tensioni legate ai timori che Khartoum voglia impedire il referendum per l’indipendenza, previsto per il 2011. Ciò autorizza a pensare a un clima diverso, propizio a nuove e più convinte iniziative di pace. Purtroppo, però, la giustizia e l'ordine sociale sono ancora ben lungi dall’essere ristabiliti e proseguono gli episodi di banditismo e di violenza nei confronti degli sfollati e ai danni dello stesso personale civile e militare della missione Unamid.

Dalle insidiose iniziative di pace della Libia…
In questo clima si inseriscono le recenti iniziative della Libia e degli Stati Uniti per dare nuovo slancio unitario ai movimenti di opposizione del Darfur. Il 31 agosto scorso il governo libico ha annunciato la nascita del Sudan's Liberation Revolutionary Forces (Slrf), in seguito alla riunificazione di sei gruppi. Il paese del colonnello Gheddafi è legato a doppio filo alle vicende della regione, a partire dalle origini del conflitto: il Darfur è stato infatti utilizzato come retrovia durante la guerra con il Chad nella seconda metà degli anni ’70 e il leader libico ha avuto un ruolo di primo piano nel supporto all’Arab Gathering, il cui fine era la presa del potere nell’area centrale sub-sahariana e nell’Africa occidentale.Ma la Libia è stata anche coinvolta nelle diverse iniziative legate al processo di pace, di cui l’ultima due anni fa, quando il tentativo di favorire la riunificazione delle forze ribelli è fallito in seguito alla mancata partecipazione di alcuni fra i più importanti fra loro. Inoltre, Gheddafi è fra i maggiori sostenitori del presidente Bashir; è stato uno dei primi ad ospitarlo all’indomani della richiesta di arresto da parte della Corte penale internazionale (Cpi) e, nelle vesti di presidente dell’Unione Africana (UA), nel recente mese di luglio ha promosso la dichiarazione di non cooperazione con la richiesta di arresto della Corte, gettando gravi ombre sull’azione dell’organizzazione e sull’efficacia della pronuncia della Cpi. Infine, nei giorni scorsi, il presidente dell’UA (nel corso del summit africano sul tema della risoluzione dei conflitti nel continente) ha accusato Israele di dare supporto alle forze ribelli, facendo proprie le argomentazioni delle autorità sudanesi.

… a quelle degli Stati Uniti
L’inviato speciale Usa, Scott Gration, sta concentrando la propria attenzione su tre gruppi, URF, SLM-Juba di Ahmed Abdel Shafi e SLM-Unity di Abdalla Yahya. Anche gli Usa hanno avuto un ruolo importante nel Darfur (nel 2004 l’allora segretario di stato Colin Powell è stato il primo a parlare di “genocidio”) e l’iniziativa del nuovo inviato speciale Gration indica l’intenzione di Washington di partecipare più attivamente alla ripresa del dialogo sia fra le forze ribelli che tra queste e Khartoum. Tuttavia ad alcuni il suo operato non piace: alcune fazioni locali lo hanno paragonato a un ministro degli esteri sudanese, mentre alcuni attivisti americani gli rimproverano di distogliere l’attenzione dai gravi crimini contro l'umanità perpetrati ai danni della popolazione per ottenere dal Sudan un compromesso per la stabilità nella regione.

Successi e debolezze della presenza internazionale
Alla fine di luglio si sono celebrati i due anni dall’inizio della missione Unamid, considerata da molti un fallimento a causa soprattutto dell’ostruzionismo del governo sudanese, del mancato adempimento degli impegni da parte della comunità internazionale e della cronica mancanza di risorse (tra cui la ormai tristemente “famosa”mancanza di 18 elicotteri da trasporto, ritenuta necessaria per rendere efficace l’azione di peacekeeping in un territorio grande come la Francia). A tal fine, il Dipartimento della Difesa americano sta valutando la possibilità di inviare “consiglieri” per dare supporto alla missione per le questioni logistiche, mentre l’inviato speciale Gration ha dichiarato che, per garantire un cessate il fuoco duraturo tra le parti , è necessaria la presenza sul territorio di una forza di intelligence in grado di effettuare un continuo monitoraggio del processo di pace. Nonostante le indubbie difficoltà, la missione è spesso riuscita a fare la differenza; il rifiuto di abbandonare Muhajeria (come invece richiesto dal governo sudanese) nel mese di febbraio ha impedito un attacco su larga scala e dopo l’espulsione di 13 Ong avvenuta a marzo, l’Unamid è intervenuta per colmare le lacune nel programma di protezione e ristabilire così un efficace accesso umanitario. Sul piano diplomatico invece il mediatore congiunto Djibril Bassolè ha annunciato per la fine del mese di ottobre lo svolgimento del prossimo round negoziale tra il governo e i movimenti di opposizione, preceduto da due workshop: il primo che riunirà a Doha tutte le forze ribelli, finalizzato alla discussione di tutti gli aspetti legati al processo di pace, comprese le iniziative per garantire una più efficace sicurezza della popolazione e lo sviluppo socio-economico; il secondo, il forum della società civile, che si svolgerà in parallelo rispetto all’incontro di Doha e permetterà a tutte le comunità della regione di dare il proprio contributo alla pace, alla riconciliazione e alla promozione dello sviluppo nella regione. In conclusione, anche se molti dei problemi che affliggono in Darfur restano ancora non risolti, la speranza è che, con il maggior sostegno da parte dell’amministrazione Obama, le diverse tessere che compongono il mosaico del processo di pace possano finalmente integrarsi per arrivare alla definizione di una pace durevole.

Stefano Cera è il Responsabile della Formazione dell’Associazione “Italians for Darfur”; autore del volume “Le sfide della diplomazia internazionale – Il conflitto nel Darfur – L’escalation della questione cecena: i sequestri di ostaggi del teatro Dubrovka e della scuola di Beslan”.

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domenica, luglio 05, 2009

Unione Africana non riconosce il mandato di arresto della CPI contro il dittatore sudanese Bashir

E' arrivato come una doccia fredda il comunicato ufficiale dell'Unione Africana contro la decisione della Corte Penale Internazionale di perseguire il dittatore sudanese Bashir per crimini contro l'umanità.
L'Unione Africana, che comprende trenta firmatari dello statuto di Roma del 1998, ha quindi deciso di parteggiare per Omar Hassan al Bashir, riconosciuto responsabile dei feroci crimini contro la popolazione del Darfur e di permettere allo stesso la libera circolazione in tutto il continente. Il documento è stato firmato a Sirte, in Libia, nell'ultimo summit dei Paesi africani che si è chiuso venerdì scorso, su proposta del leader libico Gheddafi.

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mercoledì, giugno 10, 2009

Gheddafi a Roma

Nel giorno della visita di Gheddafi in Italia vorrei ricordare che questo "campione di libertà" (come lo ha definito il nostro Presidente del Consiglio) è colui che, oltre a violare sistematicamente i diritti umani nel proprio paese, come Presidente dell'Unione Africana ha più volte minacciato il ritiro di tutti i paesi africani dalla Corte Penale Internazionale in caso di condanna di al-Bashir.
Poi, dopo la richiesta di arresto emessa dalla Corte (nel marzo di quest’anno - per crimini di guerra e crimini contro l'umanità), si è dimostrato uno dei più attivi nell'esprimere la propria solidarietà al presidente sudanese (che secondo le prove raccolte è responsabile della morte di almeno 35 mila civili e del trasferimento forzoso di un numero di persone compreso tra 80 e 265 mila, che sono state sradicate dalle loro case).
A tale fine voglio ricordare le parole dell’Arcivescovo Desmond Tutu (Premio Nobel per la pace 1984) che mi piace pensare possano essere il punto di riferimento per quanti (forse ormai pochi) credono ancora che la libertà e la pace siano “valori assoluti” e non “mezzi di scambio” da sacrificare in nome della realpolitik: "Per quanto dolorosa e scomoda possa essere la giustizia, abbiamo preso atto che l'alternativa - lasciare che ci si dimentichi di far sì che chi commette reati risponda del proprio operato - è di gran lunga peggiore".

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domenica, ottobre 28, 2007

Gheddafi: colloqui di pace a Sirte, un fallimento.

Soldiers with the Sudanese Liberation Army, one of the rebel groups controlling parts of Darfur, sitting by their truck while stuck in the mud in Darfur. (Photo: Lynsey Addario) Il leader libico Muammar Gheddafi ha già definito un fallimento i negoziati di pace del 27 ottobre a Sirte, per il quale si era proposto come mediatore.
Le due componenti più importanti dello schieramento ribelle del Darfur hanno infatti disertato la conferenza di pace. Non va dimenticato, tuttavia, che proprio il leader libico, tra la fine degli anni 60 e gli anni 80, tentò di unificare politicamente gli stati islamici del Sahel propugnando una ideologia di supremazia araba. Da Juba, nel Sud del Darfur, i ribelli si sono detti pronti a incontrare i rappresentanti dell' Unione Africana e delle Nazioni Unite per cercare una soluzione al conflitto. Proprio a Juba sembra essere in corso una trattativa tra le due più importanti fazioni del Sudan Liberation Movement per riconoscere una sola leadership.
Un passo importante, se ciò avvenisse, in quanto la divisione dei ribelli del Darfur è uno dei più difficili ostacoli al processo di pace.

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